4 miliardi di persone al mondo vivono in condizioni di scarsità d’acqua, con ripercussioni sullo stato di salute e sulle condizioni igieniche. Un team di ricercatori della Penn State e dell'Università del Texas stanno per questo mettendo a punto una tecnologia promettente, che punta a “catturare” l’acqua dall’aria, in particolare dal vapore acqueo o dalle gocce di nebbia, tramite una superficie ruvida che mima quelle delle piante tropicali di brocca e delle foglie di riso
Catturare l’acqua dall’aria per abbeverare il mondo. Non è fantascienza ma una nuova e promettente tecnologia messa a punto da un team di ricercatori della Penn State e dell’Università del Texasm che, ispirandosi alle foglie, punta a “catturare” l’acqua dall’aria, in particolare dal vapore acqueo o dalle gocce di nebbia, tramite una superficie ruvida che mima quelle delle piante tropicali di brocca e delle foglie di riso.
L’aria che respiriamo è più carica d’acqua di quanto si possa pensare. Il vapore acqueo è infatti un componente della nostra atmosfera e in condizioni di umidità questo ne può rappresentare fino al 7% del totale. Un tesoro troppo ghiotto per non essere usato.
Ispirandosi alla struttura di alcune piante tropicali, gli studiosi sono riusciti a sviluppare una superficie idrofila, ovvero chimicamente affine all’acqua, e ruvida (acronimo del nome inglese: SRS), e ne hanno dimostrato la capacità di “catturare” l’acqua dispersa nell’aria in forma di minuscole goccioline, la cui quantità è risultata direttamente proporzionale all’estensione della superficie stessa.
Non è il primo tentativo in questa direzione, ma stavolta è stato compiuto un significativo passo in avanti. Le precedenti superfici, infatti, per lo più lisce, intrappolavano sì le goccioline, ma queste tendevano poi a formare un film sottile difficile poi da estrarre per sfruttarne il contenuto. La superficie ruvida evita invece questo inconveniente, rendendo l’acqua catturata maggiormente disponibile all’uso.
Foto: Xianming Dai/Nan Sun/Jing Wang/Tak-Sing Wong /Penn State
“Con SRS abbiamo combinato l’interfaccia scivolosa di una pianta di brocca (pianta tropicale, N.d.R.) con l’architettura della superficie di una foglia di riso, dotata di scanalature direzionali su scala micro/nano – ha spiegato a questo proposito Simon Dai, professore associato presso la UT Dallas – che consentono di rimuovere l’acqua molto facilmente in una direzione ma non nell’altra”.
Solo un esperimento di laboratorio? Di certo la scala con la quale si sono ottenuti i (promettenti) risultati è ancora molto bassa e la produzione industriale è da valutare, in termini pratici ed economici. Ma su questo il team sta già lavorando, con l’obbiettivo di ottimizzare ed ampliare la SRS in modo da creare sistemi di raccolta adatti a fornire acqua pulita alle regioni del mondo con scarsità d’acqua.
Le prospettive in questo senso appaiono ottime: le prime stime fornite dai ricercatori parlano infatti di oltre 120 litri di acqua per metro quadro di superficie al giorno, con una superficie adeguatamente ottimizzata.
“Con circa 4 miliardi di persone che vivono in una situazione di scarsità d’acqua per almeno una parte dell’anno – spiega il coordinatore della ricerca Tak-Sing Wong, professione di Ingegneria Meccanica presso la Penn State – un metodo economico per raccogliere l’acqua dal vapore acqueo o dalle gocce di nebbia nell’aria potrebbe avere enormi applicazioni pratiche e aiuterà ad alleviare l’acqua problemi di scarsità in molte regioni del mondo”.
La povertà si può sconfiggere. Se è intenzione di tutti.
Il lavoro è stato pubblicato su Science Advances.
Roberta De Carolis
Foto di copertina: robertsrob / 123RF Archivio Fotografico