Abbiamo un problema non solo col greenwashing, ma anche con il suo esatto contrario: il greenhushing

Da “to hush”, ossia mettere a tacere. Se il greenwashing dà adito a falsi chiacchiericci e ad affermazioni fuorvianti sulla sostenibilità delle aziende, ora il “greenhushing” è piuttosto l’inverso: non comunico nulla per timore che venga accusato di fare ambientalismo di facciata. Un cane che si morde la coda a discapito di tutti

In un’epoca in cui certificazioni, comunicazioni, obiettivi e progetti fanno quasi sempre il paio con il termine orami conosciutissimo di “greenwashing” (ossia quel dilagante ambientalismo di facciata che abbiamo imparato a conoscere bene), si rischia di sortire l’effetto inverso: cominciare a tacere sulle proprie azioni e sui propri obiettivi di sostenibilità per non cadere vittime di false accuse.

È il cosiddetto “greenhushing”, o “silenzio verde” o “eco-silence”, ed è la tendenza che stanno prendendo molte delle aziende realmente attente all’ambiente a non comunicare le proprie iniziative in ambito ecologico, onde evitare di esporsi al giudizio dell’opinione pubblica, ma anche dei clienti e degli investitori, tutelandosi da possibili procedimenti legali.

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Era il 2022 quando la società di consulenza svizzera South Pole pose l’attenzione su un tale fenomeno nel suo rapporto annuale On the road to net zero. Stando all’edizione 2024 del report tutti i settori industriali sono coinvolti: tra le 1.400 aziende intervistate, l’86% di quelle che commercializzano beni di consumo e il 72% delle compagnie petrolifere affermano di aver ridotto le proprie comunicazioni sul tema.

Ma il dato più interessante è che l’88% delle imprese che offrono servizi ambientali ammette di comunicare meno sull’argomento, anche se il 93% di loro rispetta i propri obiettivi.

Ciò, ovviamente, potrebbe essere rischioso perché potrebbe rallentarsi, così, la tendenza alle azioni a favore del clima, ostacolando innovazione, responsabilità.

Evitando di intraprendere passi imperfetti per il timore di essere criticati, non ci sarà alcun passo avanti – dice Nadia Kähkönen, direttrice delle comunicazioni di South Pole, oltre che autrice del sondaggio. Gli impatti negativi saranno di vasta portata, mettendo il nostro pianeta in grave pericolo.

Insomma, mentre le affermazioni ambientali devono essere supportate da dati solidi (quindi devono essere assolutamente veritiere), è altrettanto importante che coloro che si impegnano realmente in fatto di clima diano un buon esempio. L’eco-silence di aziende che sono davvero sostenibili rende inoltre anche complicato per i consumatori distinguere tra le aziende leali e quelle che fanno solo facciata: non comunicare la propria azione per il clima e la paura di un attacco fornisce a chi invece fa del greenwashing la copertura ideale per continuare temporeggiare nel realizzare cambiamenti significativi.

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