A Taranto livelli intollerabili di inquinamento, l’Onu: “è una zona di sacrificio umano, il diritto a respirare aria pulita dovrebbe essere di tutti”

#TarantoChiama è la docu-inchiesta realizzata da Rosy Battaglia con l'associazione Cittadini reattivi per documentare la lotta dei cittadini contro le emissioni dell'ex Ilva. E lei, giornalista di ferro, è arrivata fino alle Nazioni Unite per parlare di questa “zona di sacrificio” tra le più inquinate della Terra

Il diritto a respirare aria pulita è una componente essenziale del diritto umano ad un ambiente pulito, sano e sostenibile. Il rispetto di questo diritto include l’osservanza dei più alti standard di qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo è fondamentale ora più che mai a Taranto. Visti i livelli intollerabili di inquinamento a Taranto da decenni, nel nostro recente rapporto sul diritto ad un ambiente non inquinato, l’abbiamo definita una “zona di sacrificio”.

Sono le parole di Marcos Orellana (UN Special Rapporteur on toxics and human rights), intervistato a Palazzo Wilson da Rosy Battaglia, al lavoro proprio per il documentario-inchiesta “Taranto chiama”, di cui greenMe è media partner.

Da anni a Taranto mamme e padri, attiviste e attivisti, medici e scienziati denunciano il prezzo dell’inquinamento che stanno pagando sulle loro spalle.

Sono storie di intere famiglie distrutte da tumori e leucemia, sono le storie delle bambine e dei bambini che faticano a respirare per colpa delle polveri metalliche.

Di questo e delle conseguenze della mancata transizione ecologica in Italia parla questo progetto. Un viaggio attraverso i paradossi, il dolore, le speranze e le malattie di una popolazione intera.

Proprio nelle scorse settimane il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci ha emesso un’ordinanza in cui ha richiamato l’attuale gestore di Ilva, Acciaierie d’Italia, al rispetto delle emissioni e in particolare del benzene, sostanza cancerogena certa, secondo lo IARC.

Tutto ciò succede, come lo stesso rapporto delle Nazioni Unite ricorda, a neppure due mesi dalla scadenza dell’autorizzazione ambientale integrata (AIA) che nel 2017 aveva indicato in una serie di prescrizioni, gli adempimenti necessari per rendere sostenibile la produzione di acciaio.  Tra cui, il bio-monitoraggio sulla presenza di diossine nel latte materno delle madri tarantine.

Intanto, Marcos Orellana ha anche ricordato che “la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto i residenti locali dalla contaminazione ambientale causata dallo stabilimento Ilva, avendo privilegiato la produzione di acciaio rispetto al diritto alla vita privata dei cittadini di Taranto”.

Leggi anche: Gli effetti devastanti dell’inquinamento sui bambini di Taranto visti dagli occhi di una pediatra

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