A una settimana dall’inizio della COP15, Survival International ha selezionato le 5 peggiori dichiarazioni fatte da Governi e ONG durante i lavori
COP15, quanta confusione. Se al centro del vertice sulla biodiversità rimane il problema di trovare un equilibrio tra i diritti dei popoli indigeni e la conservazione, molti ancora sono i dubbi e i nodi da sciogliere.
Alla COP27 in Egitto la criticità era rappresentata dalla soglia di +1,5 ° C e ora,similmente nella Conferenza delle Nazioni Unite di Montreal, è stato identificato come obiettivo ultimo il raggiungimento della protezione del 30% della terra e del mare entro il 2030: 30×30.
Ma come stanno andando le cose?
A una settimana dall’inizio della COP15, Survival International ha selezionato le 5 peggiori dichiarazioni fatte da governi e ONG durante i lavori e in intervista. Eccole:
- “Il 30% non è un numero casuale”: lo ha detto Justin Trudeau, Primo Ministro canadese, a proposito del target del 30% (noto anche come 30×30). “Non abbiamo scelto il numero 30% a caso. Secondo i più grandi scienziati, è la soglia critica per evitare il rischio di estinzione e anche per garantire la nostra sicurezza alimentare ed economica.”
Purtroppo per Trudeau, uno dei principali ideatori del piano del 30%, Eric Dinerstein, aveva spiegato che è un numero completamente arbitrario. Il target, pertanto, non ha alcuna base scientifica. - “L’umanità è diventata un’arma di estinzione di massa”: lo ha detto António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, nel suo discorso introduttivo. Ma “l’umanità” non è come una tossina o un virus per il mondo naturale, come vorrebbe la narrativa sposata dagli ecofascisti.
La maggior parte del genere umano non ha quasi per nulla contribuito ai cambiamenti climatici e molti, come i popoli indigeni, gestiscono, alimentano e conservano la natura, e si considerano parte di essa. Responsabile della distruzione ambientale non è affatto tutta “l’umanità”: lo sono principalmente il sovra-consumo nel Nord Globale, le emissioni dei combustibili fossili e lo sfruttamento delle risorse naturali per profitto, sostenuti in primis dalle compagnie multinazionali. - “Più persone ci sono, più mettiamo la Terra sotto forte pressione … Siamo in guerra con la natura”: lo ha detto Inger Andersen, Direttrice esecutiva del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Quando si parla di crisi climatica e di perdita di biodiversità, il fattore “sovrappopolazione” viene sempre più spesso strumentalizzato per allontanare la colpa da chi ne è maggiormente responsabile, e per criminalizzare chi vi contribuisce di meno e tuttavia ne soffre più crudelmente le conseguenze (ovvero i popoli indigeni e altre comunità locali)
Ma la matrice razzista di questa visione diventa palese se si considera che l’1% della popolazione mondiale è responsabile di più del doppio delle emissioni di CO2 emesse da 3,1 miliardi di persone, ovvero dal 50% più povero del mondo. Il vero problema è un modello economico basato sullo sfruttamento per profitto delle risorse e sull’iniquità - “È poco realistico non consentire attività estrattive nel 30×30″: lo ha detto Ladislav Miko, Commissione Europea. Il delegato per la biodiversità della Commissione Europea ha rivelato quanto sia insensato il piano del 30×30, lasciandosi sfuggire che, in realtà, nelle presunte “Aree Protette” saranno consentite attività minerarie, trivellazioni petrolifere e del gas, taglio del legno e altro
- “Cosa vogliamo? Nature positive. Quando la vogliamo? Nel 2030”: lo hanno detto “gli attori non-statali riuniti per informare i delegati diretti alle discussioni della COP15” tra cui Marco Lambertini, direttore generale del WWF.
Incarnazione dell’ipocrisia, “Nature positive” è uno slogan senza senso che suona bene ma in realtà nasconde un’ondata di greenwashing e abusi, dicono da Survival. Ed eccolo proclamato dalla massima autorità della più grande e famigerata organizzazione di conservazione che per anni ha finanziato abusi, insabbiandoli e stringendo partnership con le aziende più inquinanti del mondo!
Queste sono solo alcune delle dichiarazioni che sono state fatte alla COP questa settimana e che ci mostrano che il futuro del pianeta non può essere lasciato nelle mani dei Governi, delle organizzazioni per la conservazione e delle multinazionali riunite alla COP15. L’unico modo efficace per proteggere la biodiversità è riconoscere i diritti territoriali dei popoli indigeni e lottare contro le vere cause della perdita di biodiversità.
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Fonte: Survival International
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