Contro la disinformazione sui social, gli scienziati hanno creato brevi video che, come un vaccino, educano gli utenti a riconoscere le strategie e i meccanismi dietro un messaggio disinformativo
La disinformazione online è un problema sociale importante, le cui conseguenze non andrebbero sottovalutate. Ad esempio, la disinformazione connessa alla diffusione del Covid-19 nel mondo che si è diffusa grazie ai social ha portato moltissime persone a scegliere di non vaccinarsi e di non adottare le misure di contenimento del contagio raccomandate dagli esperti.
Negli ultimi anni, la comunità scientifica si è interrogata sulle possibili strategie di contrasto alla disinformazione ma, soprattutto, di prevenzione ad essa. Infatti, correggere la disinformazione dopo che essa si è già diffusa (attraverso un comunicato stampa o una campagna di verifica dei dati) non sempre riesce a zittire gli echi dell’informazione sbagliata, in un fenomeno noto come “effetto di influenza continua”.
Per questo è così importante prevenire il fenomeno della disinformazione, fornendo agli utenti del web gli strumenti per comprendere i meccanismi che ci sono dietro la diffusione di informazioni sbagliate o fuorvianti.
Per provare a raggiungere questo obiettivo, i ricercatori delle Università di Cambridge e Bristol hanno realizzato cinque spot di 90 secondi l’uno contro la disinformazione, che mostrano le cinque tecniche più utilizzate per veicolare messaggi errati sui social media, che sono:
- linguaggio emotivo
- incoerenza
- false dicotomie
- tecnica del “capro espiatorio”
- argumentum ad hominem (ovvero una strategia di retorica con la quale si difende la propria tesi contestando non tanto l’affermazione del nostro interlocutore, ma l’interlocutore stesso).
La diffusione di questi spot sugli stessi social (soprattutto YouTube) dovrebbe agire allo stesso modo di un vaccino: fornendo alle persone una “micro-dose” di disinformazione in anticipo, svelandone la fallacità, si aiuta le persone a non cadere nei tranelli in futuro (è la cosiddetta teoria dell’inoculazione).
YouTube ha oltre due miliardi di utenti attivi in tutto il mondo. I nostri video potrebbero essere facilmente incorporati all’interno dello spazio pubblicitario su YouTube per anticipare la disinformazione – ha affermato il coautore dello studio, il prof. Sander van der Linden dell’Università di Cambridge.
I video, realizzati con la tecnica del cartone animato, utilizzano un linguaggio semplice e chiaro. Gli esempi di disinformazione sono tratti da famosi film e cartoni – come ad esempio Star Wars o i Griffin, in modo da accattivare il pubblico e attirare la sua attenzione grazie a personaggi e storie già conosciuti.
La disinformazione dannosa assume molte forme, ma le tattiche e le narrazioni manipolative sono spesso ripetute e possono quindi essere previste – ha affermato la ricercatrice Beth Goldberg. – Insegnare alle persone tecniche come gli attacchi ad hominem che si prefiggono di manipolarle può aiutare a costruire la resilienza a credere e diffondere disinformazione in futuro.
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Fonti: University of Cambridge / Inoculation Science
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