Abusi fisici e psicologici, insulti e umiliazioni: è un mondo totalmente malato quello denunciato dalle giovani ex atlete della Nazionale di Ginnastica ritmica. Un sistema inaccettabile, che mette in pericolo la salute fisica e mentale, che va cambiato al più presto perché lo sport non può essere questo
Hanno taciuto per anni, tenendo dentro di sé un groviglio di sofferenze e umiliazioni. Ma adesso il tempo del silenzio è terminato. Le Farfalle azzurre sono un fiume in piena e stanno scuotendo il mondo della Ginnastica ritmica. Hanno trovato la forza e il coraggio di far sentire la loro voce e denunciare un sistema marcio, fatto di abusi fisici e psicologici, i cui retroscena sono rimasti a lungo protetti da un velo di Maya, che ora – finalmente – è stato squarciato.
A squarciare per prima quel velo Nina Corradini, la ginnasta romana 19enne, che ha fatto parte della Nazionale azzurra fino allo scorso anno, raccontando le terribili pressioni a cui era sottoposta dalle allenatrici della Federginnastica per restare perfettamente magra.
Mangiavo sempre meno ma ogni mattina salivo sulla bilancia e non andavo bene: per due anni ho continuato a subire offese quotidiane – ha confessato l’atleta ai microfoni di Repubblica in un’intervista rilasciata il 30 ottobre – Mi pesavo 15 volte al giorno. Il lassativo mi disidratava e, non mangiando, non avevo più forze. Mi ammalavo, avevo poco ferro nel mio corpo. Una volta sono svenuta a colazione, ma le allenatrici mi hanno fatto andare lo stesso in palestra, pensavano fosse una scusa.
La sua vita si svolgeva fra palestra, farmacia e la stanza 204 dell’hotel di Cesano Maderno, in provincia di Milano. A causa di quei soprusi si è ritrovata a soffrire di disturbi alimentari, con cui deve fare i conti ancora oggi.
Faccio fatica a mangiare davanti ad altre persone – ha spiegato – Spero di dare voce a tutte le altre vittime di queste pressioni.
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Soltanto grazie al percorso fatto da un psicologo è riuscita ad affrontare tutto e a parlarne apertamente. Ma non è affatto l’unica che porta ancora addosso i segni su corpo e mente delle pressioni subite dalle allenatrici. A sostenere l’amica e compagna di squadra, con cui ha condiviso gioie ma soprattutto dolori, anche l’ex atelta Anna Basta, dal 2016 al 2020 membro della Nazionale di ginnastica ritmica italiana.
Chiedo a tutti di comprendere e pensare prima di giudicare. Non colpevolizziamo i genitori. Andiamo alla base del problema. – ha raccontato – I miei mi hanno sempre detto ‘Anna se stai male torna a casa, non ci interessa niente delle medaglie o dei mondiali’. Io ho sempre risposto di voler rimanere e sono andata avanti così per tre anni. Dopo tre anni ho deciso io di andarmene. Io e Nina Corradini abbiamo sofferto. Io e Nina siamo arrivate a odiare la vita. Io e Nina volevamo scomparire. Io e Nina adesso vogliamo fare la differenza.
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Poi è toccato a Giulia Galtarossa, ex campionessa mondiale di ginnastica ritmica (oggi 31enne), demolire ancora quel muro del silenzio. Per gareggiare è stata costretta a diventare estremamente magra, a pesarsi quattro volte al giorno, e a fare i conti con continue umiliazioni (sentendosi chiamare “maialino” per un etto in più).
“Una volta le allenatrici fecero schierare tutte le compagne davanti a me, poi una di loro mi chiese di fare un passo indietro e di girarmi di spalle per far vedere quanto fosse grosso il mio sedere” ha ammesso a Repubblica. Quegli anni le hanno risucchiato l’allegria e la serenità, trasformando la sua esistenza in un incubo.
Dopo essersi ritirata dal mondo della ginnastica ritmica, per anni la giovane ha sofferto di disturbi alimentari, in particolare della “sindrome da alimentazione incontrollata”, che ha avuto effetti molto pesanti sulla sua vita.
E adesso è certa di una cosa: “Se mi chiedono di riconsegnare le medaglie vinte nella ritmica per riavere la felicità non avrei dubbi: direi di sì. L’esperienza all’Accademia di Desio mi ha rovinato la vita”.
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La salute mentale e fisica vale più di qualsiasi medaglia
A seguito di queste pesanti denunce la Procura di Brescia ha aperto un’indagine per fare luce sul caso. La ginnastica ritmica, così come in altre discipline sportive, è dedizione e sacrificio, è vero. Ma nessun allenatore ha il diritto di fare il lavaggio del cervello, spingere un atleta verso l’anoressia e compromettere la sua salute fisica e mentale. Lo sport dovrebbe essere altro. E Giulia Galtarossa lo sa bene e ha deciso di trasformare il suo dolore in qualcosa di costruttivo e utile per tante altre bambine e ragazze.
Dopo aver raccontato la mia storia, dalla quale ho avuto la forza di trasformare la mia sofferenza nell’opportunità di essere d’aiuto, mi sono arrivate centinaia di testimonianze agghiaccianti di ex ginnaste finite in un calvario. – ha spiegato in un post pubblicato ieri su Instagram – Questa cosa mi provoca una rabbia sconfinata. L’allenatore è prima un educatore e ha l’obbligo di RISPETTARE i valori dello sport.
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In base a tutta la mia esperienza sono convinta che possa esistere un ambiente sano in cui praticare la ginnastica ritmica, della quale mi sono innamorata fin da piccola, anche grazie agli allenatori che mi hanno cresciuta, fino ad introdurmi alle competizioni di alto livello. Ottenere dei risultati richiede grandi sacrifici, ma non vanno normalizzati gli abusi di potere, le violenze psicologiche, gli insulti e le eccessive restrizioni di ogni genere.
Il nostro augurio è che queste dolorose testimonianze siano soltanto l’inizio di un cambiamento nel mondo della ginnastica ritmica e non solo. Nessuna medaglia vale più della salute psicologica e mentale.
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Fonti: Giulia Galtarossa (Instagram)/Nina Corradini (Instagram)
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