Solo il 3,5% dei finanziamenti internazionali italiani vanno alle energie rinnovabili e tra il 2019 e il 2021 i Paesi del G20 e le principali banche multilaterali di sviluppo hanno finanziato una media annua di 56 miliardi di dollari per progetti di petrolio, gas e carbone. E alla vigilia della COP27 c’è da scommettere una cosa: non cambierà nulla
Un po’ di sano pessimismo, ahinoi, ci tocca anche oggi se si snocciolano un po’ di dati sulla finanza pubblica che va di pari passo con i progetti internazionali sui combustibili fossili. Ebbene, tra il 2019 e il 2021, solo il nostro Paese ha fornito 2,8 miliardi di dollari ogni anno in finanza pubblica per i combustibili fossili. Più di Arabia Saudita e Russia.
È quanto emerge da una nuova ricerca pubblicata da Oil Change International e Friends of the Earth US, cui hanno collaborato Legambiente e ReCommon, secondo cui solo il 3,5% dei finanziamenti internazionali dell’Italia in tema di energia va alle rinnovabili.
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Un grande ritardo, quindi, quello italiano, soprattutto nell’attuare un impegno congiunto a porre fine al finanziamento pubblico per i progetti internazionali sui combustibili fossili entro la fine del 2022, adottato alla conferenza globale sul clima di Glasgow lo scorso anno. L’Italia rimane il sesto maggior fornitore di finanza pubblica internazionale per combustibili fossili a livello globale, piazzandosi davanti ad Arabia Saudita e Russia, che si trovano rispettivamente all’8° e 9° posto.
Il rapporto ha dimostrato che i finanziamenti italiani per le fonti più inquinanti sono fluiti in gran parte attraverso l’agenzia italiana di credito all’esportazione, Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE). Questo tipo di finanziamento preferenziale alle fossili aiuta a sfruttare ulteriori investimenti per i progetti proposti e rende più probabile che vengano portati a termine.
SACE ha fornito supporto a molti progetti controversi, tra cui il progetto Mozambico GNL, che sta esacerbando un conflitto interno al Paese africano, che ha visto brutalità inimmaginabili e migliaia di morti. SACE ha anche sostenuto le fonti fossili in Russia nei sette anni trascorsi dall’annessione della Crimea, azioni che Bloomberg sottolinea “aiutavano ad arricchire la Russia mentre si preparava ad invadere l’Ucraina”.
Una quota molto inferiore della finanza pubblica italiana è andata all’energia pulita: una media annua di 112 milioni di dollari tra il 2019 e il 2022. Ciò significa che su un totale di 3,2 miliardi di dollari per il finanziamento dell’energia, l’89,8% è andato ai combustibili fossili e il 3,5% è andato all’energia pulita (215 milioni di dollari, ossia il 6,7%, sono andati ad altre voci non meglio definite).
Il nuovo rapporto di Oil Change International e Friends of the Earth USA rivela che tra il 2019 e il 2021 i paesi del G20 e le principali banche multilaterali di sviluppo hanno finanziato una media annua di 56 miliardi di dollari per progetti di petrolio, gas e carbone, superando il sostegno alle energie rinnovabili, che hanno ricevuto una media annua di 29 miliardi di dollari nel periodo 2019-2021.
E la COP27?
All’Italia, che tra pochi giorni sarà impegnata alla conferenza mondiale sul clima, la COP27 in programma Egitto, mancano meno di due mesi per rispettare la scadenza di fine anno del suo impegno a porre fine alla finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili. Altri Paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Belgio, Danimarca, Svezia e Finlandia, hanno già pubblicato nuove politiche per attuare l’impegno.
Nel suo ultimo rapporto, l’IPCC ha evidenziato che la finanza pubblica per i combustibili fossili è “gravemente disallineata” rispetto al raggiungimento degli obiettivi di Parigi, ma che, se spostata, potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel colmare il divario verso azioni e politiche di mitigazione, consentendo riduzioni delle emissioni ed una giusta transizione.
L’Italia ha fatto una promessa all’ultima conferenza sul clima: il Governo italiano manterrà la parola data o verrà alla COP27 a mani vuote? Questo è un momento di crescenti crisi climatiche, energetiche e del costo della vita. Spostare il sostegno dai combustibili fossili sporchi e rischiosi ad un’energia pulita, economica e affidabile, che aumenterà i posti di lavoro, ridurrà la dipendenza dal gas estero e combatterà la crisi climatica, conclude Adam McGibbon, Oil Change International.
QUI trovate il rapporto completo.
Fonte: Oil Change International e Friends of the Earth US
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