La decisione della Russia di sospendere a tempo indeterminato l'accordo che garantiva l'esportazione del grano dall'Ucraina attraverso il Mar Nero. Il nuovo blocco rischia di aggravare la crisi alimentare in Paesi alle prese con la carestia come l'Etopia, ma non solo. Lo stop dell'export potrebbe avere conseguenze rilevanti anche sull'Italia
Sarebbero circa 200 le navi cariche di grano rimaste bloccate nel Mar Nero a seguito dello stop della partecipazione della Russia all’accordo internazionale sulle esportazioni della materia prima. La decisione drastica è stata presa da Mosca come reazione agli attacchi ucraini alle navi russe avvenuti la scorsa settimana. L’accusa del Ministero della Difesa russo è quello di aver sfruttato i corridoi del grano e una nave destinata al trasporto di alimenti per colpire la flotta a Sebastianopoli.
Al momento non è dato sapere quanto andrà avanti la sospensione dell’intesa raggiunta con grande fatica lo scorso 22 luglio sotto l’egida dell’Onu in Turchia. Mosca parla di uno stop “a tempo indeterminato”.
“Dato che, al 30 ottobre, la parte ucraina non ha il permesso del Centro di coordinamento congiunto di passare attraverso corridoi sicuri, vi sono 218 navi bloccate nelle loro posizioni” ha fatto sapere il ministero delle Infrastrutture di Kiev Oleksandr Kubrakov, condannando duramente la decisione della Russia, che potrebbe avere conseguenze devastanti su Paesi poveri e alle prese con gravi crisi alimentari come l’Etiopia.
Di 218 navi soltanto 12 oggi sono riuscite a lasciare il porto grazie all’intervento delle Nazioni Unite e del World Food Programme (WFP).
“Le delegazioni dell’Onu e della Turchia hanno messo a disposizione dieci squadre di ispezione per controllare 40 navi al fine di soddisfare l’iniziativa sul grano del Mar Nero. Il piano di ispezione è stato accettato dalla delegazione ucraina e la delegazione russa è stata informata” ha fatto sapere il ministro Kubrakov.
Fra le imbarcazioni c’è anche l’Ikaria Angel, carica di 40mila tonnellate di grano. “Questi alimenti sono destinati al popolo etiope, sull’orlo di una carestia di massa” chiarisce il ministro ucraino delle Infrastrutture.
The IKARIA ANGEL 🚢 loaded w/ 40 K tons of grain is among the vessels that have left 🇺🇦 ports. This is the 7th 🛳️ chartered under the @UN @WFP. These foodstuffs were intended for the residents of Ethiopia, who faced the real possibility of mass starvation. pic.twitter.com/hy8nKcF168
— Oleksandr Kubrakov (@OlKubrakov) October 31, 2022
Le conseguenze della sospensione dell’export sull’Italia
Facile immaginare le conseguenze drammatiche del blocco all’esportazione di grano dall’Ucraina, specialmente in un periodo in cui diverse nazioni stanno facendo i conti con una siccità record e conseguenti danni all’agricoltura. La nuova crisi riguarda anche l’Italia, visto che importa dall’estero circa il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais per nutrite il bestiame.
Nello specifico, l’Ucraina rappresenta il secondo fornitore di mais per il nostro Paese, con una quota di poco superiore al 13% (per un totale di 785 milioni di chili), come sottolinea la Coldiretti.
Secondo le analisi dell’associazione sui dati Istat relativi al commercio estero 2021, la nostra nazione deve importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle mentre garantisce invece appena il 3% dell’import nazionale di grano (122 milioni di chili) e sono pari a ben 260 milioni di chili gli arrivi annuali di olio di girasole.
“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” chiarisce il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando l’importanza di interventi mirati per contenere il caro energia ed i costi di produzione per salvare aziende e allevamenti.
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Fonti: Oleksandr Kubrakov/Tass/Coldiretti
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