Smart working: quanto incide il “lavoro agile” sui costi domestici di luce e gas?

Lavorare da casa non rappresenta sempre un vantaggio economico - soprattutto in questo momento in cui i prezzi dell'energia sono alle stelle

Lo smart working a cui ci ha abituati la pandemia da Covid-19 ha praticamente azzerato i tempi e i costi degli spostamenti casa-lavoro: la casa si è trasformata nel nostro ufficio, e questo ci permette di non dover pagare pedaggi autostradali, carburante per l’auto privata, biglietti per i mezzi pubblici. Ma siamo sicuri che il “lavoro agile” rappresenti davvero un risparmio per le nostre tasche?

Con l’aumento alle stelle dei prezzi dell’energia, le bollette di luce e gas pesano sempre più sul bilancio familiare. Lavorare da casa vuol dire usufruire della corrente elettrica per far funzionare computer, telefono e stampante, ma anche tenere acceso il condizionatore o il riscaldamento – soprattutto ora che andiamo incontro alla stagione invernale.

Inoltre, se prima usufruivamo di una mensa aziendale o compravamo il pranzo fuori casa, con lo smart working la pausa pranzo si svolge in cucina – e questo si traduce in consumi di gas (per i fornelli), di elettricità (per il forno) e di acqua (per la lavastoviglie) da non sottovalutare.

L’associazione Altroconsumo ha condotto un’indagine per valutare quali siano effettivamente i costi del “lavoro agile” per due famiglie tipo, in modo da rendere i consumatori più consapevoli delle spese che dovranno affrontare continuando a lavorare da casa anche nei prossimi mesi, nei quali si prevedono ulteriori aumenti dei prezzi delle bollette di luce e gas.

La prima famiglia tipo è costituita da due persone senza figli che vivono in una casa di residenza con potenza di contatore da 3kW e riscaldamento autonomo: solo una delle due persone lavora da casa tutta la settimana, mentre l’altra lavora sempre in ufficio. Se entrambi i membri della coppia lavorassero fuori casa, la famiglia avrebbe un consumo medio annuo di 1.900 kWh.

La seconda famiglia tipo è invece costituita da tre membri: due adulti che lavorano sempre in smart working e un minore che frequenta la scuola; la situazione domestica è la stessa – ovvero casa di residenza con potenza di contatore da 3kW e riscaldamento autonomo. In questa seconda ipotesi, il consumo medio annuo della famiglia sarebbe di circa 2.700 kWh se tutti lavorassero fuori casa.

Se una persona si trova sempre in casa, soprattutto ora che andiamo incontro all’inverno e alle giornate uggiose, terrà probabilmente la luce accesa tutto il giorno (28 kWh annui in più per l’illuminazione domestica) e utilizzerà più spesso la lavastoviglie (40 kWh annui in più per un uso più frequente dell’elettrodomestico.

Ma il consumo più consistente è quello connesso al riscaldamento invernale o all’uso dei condizionatori in estate, che potrebbe tradursi in un incremento del fabbisogno energetico fino a 180 kWh all’anno. Infine, ci sono i consumi legati all’uso massiccio dei dispositivi tecnologici utilizzati per lavorare: computer, tablet e stampante possono richiedere un consumo aggiuntivo di 130 kWh all’anno – che si raddoppia se le persone in smart working sono due.

Fatte tutte queste premesse, tiriamo le somme. L’abitazione con due persone assisterà a un incremento dei consumi energetici pari al 23% passando da 1.900 kWh a 2.333 kWh in un anno, con una spesa stimata di 298 euro in più. La famiglia con tre persone, invece, vedrebbe un aumento del 19% dei costi della bolletta: +323 euro, passando da 2.700 kWh all’anno a 3.173 kWh.

Si tratta di aumenti ragguardevoli che, aggiunti all’aumento dell’uso del gas per il riscaldamento domestico, possono tradursi in una spesa annua anche di 800 euro in più rispetto a quando si lavora in ufficio. Se si pensa che un abbonamento annuale ai mezzi di trasporto pubblico per raggiungere l’ufficio ha un costo che oscilla fra i 300 e i 500 euro, ci rendiamo conto che lavorare da casa non è così conveniente come sembra.

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Fonte: Altroconsumo

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