L’inquinamento che arriva dalle colture intensive di mele e di vino sugli spazi pubblici è sempre più invasivo. A pagarne il conto sono i bambini, che di quegli spazi pubblici spesso sono i più assidui frequentatori
Parchi giochi in Alto Adige, torna l’incubo pesticidi. Già negli anni scorsi, alcuni studi giunsero all’intuizione che le sostanze chimiche comunemente utilizzate sulle coltivazioni di mele e di altra frutta, riescono a raggiungere le aree destinate ai bambini. Ma ora la situazione sembra peggiorare.
Un problema che riguarda non solo i parchi giochi, ma anche i cortili delle scuole che si trovano nelle vicinanze dei frutteti, trattati in maniera molto massiccia con pesticidi, utili a tenere lontani insetti e parassiti (tra l’altro roprio le mele, la cui produzione è particolarmente concentrata in Sud Tirol, sono tra i frutti più ricchi di pesticidi. Ora una nuova ricerca arriva praticamente alle stesse conclusioni.
Condotto in collaborazione tra gli esperti di Health and Environment Alliance (HEAL), Pesticide Action Network (PAN) Europe, PAN Germany e l’Università di Risorse Naturali e Scienze della Vita di Vienna (BOKU), lo studio ha esaminato i dati ufficiali di 306 campioni di erba raccolti da 88 siti pubblici non agricoli, come parchi giochi per bambini, mercati e cortili di scuole in un periodo che va dal 2014 al 2020.
Risultato è che le misure locali non sono sufficienti e non ancora abbastanza efficaci per prevenire l’esposizione ai pesticidi negli spazi pubblici.
Cosa si fa per evitare il peggio?
Secondo le analisi, poco o nulla. Tra le precauzioni ci sono solo cartelli di avvertimento e restrizioni sugli orari o misure sulla distanza in cui i pesticidi possono essere spruzzati. Nel 2020 è stato possibile rilevare residui di almeno un pesticida nel 73% dei siti campionati e residui multipli nel 27% dei siti, si legge nel comunicato.
Il fluazinam, un fungicida che si sospetta possa causare danni al feto e che è stato collegato al cancro in studi sugli animali, è stato rilevato nel 74% dei siti contaminati.
In più, gli esperti hanno rilevato tracce di altri pesticidi dannosi come il fungicida captan (60%) e l’insetticida fosmet (49%). Un vero disastro, visto che – nonostante le vaire battaglie – i residui sono anche aumentati in questi anni. Si è passati dal 21% del 2014 all’88% del 2020 e, riguardo la percentuale di residui potenzialmente dannosi per alcuni organi, si è passati dallo 0% del 2014 al 21%.
Nel periodo di studio è rimasta invece costante e ancora la percentuale di sostanze potenzialmente in grado di influenzare il sistema endocrino (89%) o di provocare tumori (45%). I ricercatori fanno notare che
Se queste concentrazioni di residui di pesticidi venissero riscontrate negli alimenti coltivati localmente, sarebbero di parecchie volte superiori a quelle considerate sicure per il consumo nell’Ue, conclude lo studio.
Infine, nel periodo di ricerca è rimasta molto alta anche la percentuale di residui di pesticidi con tossicità acuta per le api da miele.
Fonte: Science of The Total Environment
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