Bolsonaro VS Lula: in Brasile le elezioni presidenziali stanno per scrivere anche il futuro dell’Amazzonia

Bolsonaro si vede messo alle strette da una coalizione di centrosinistra e, dicono gli esperti, potrebbe anche non riconoscere una sua eventuale sconfitta e persino tentare un colpo di stato in stile Campidoglio degli Stati Uniti. La realtà è che la posta in gioco è davvero molto alta e riguarda (anche) il futuro della foresta pluviale amazzonica

Domenica 2 ottobre il Brasile voterà per eleggere il suo nuovo presidente. A Jair Bolsonaro, populista e di destra, si contrappone soprattutto l’ex presidente di sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva. Un scontro a due sostanzialmente (gli altri candidati non sono al loro pari nei sondaggi), e in un momento in cui la deforestazione ha raggiunto livelli record, ci si chiede che ne sarà della foresta amazzonica.

Si sa, di fatto, che Bolsonaro ha ridotto drasticamente le protezioni ambientali, nominato ministri pro-sfruttamento, incoraggiato negli anni retoricamente la deforestazione, messo in ginocchio le popolazioni indigene.

Ora al netto di qualsiasi risultato, dunque, (teniamo bene in mente che l’attuale presidente ha messo in discussione il sistema di voto e denunciato la possibilità di brogli legata all’uso di sistemi elettronici), in quali misura le imminenti elezioni presidenziali in Brasile potrebbero determinare il futuro dell’Amazzonia?

Il futuro dell’Amazzonia

In questo momento, l’ex presidente Silva ha il 48,3% delle preferenza di voto contro il 41% dell’attuale capo dello Stato. Lula, candidato del Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra), è sceso dello 0,1% mentre Bolsonaro, candidato alla rielezione per il Partito liberale (Pl, di destra), è cresciuto del 2,4% rispetto al rilevamento anteriore.

Non lo dico alla leggera come scienziato, ma questa è l’elezione più importante mai svolta in Brasile per l’Amazzonia e la sua sopravvivenza – spiega Erika Berenguer, ricercatrice all’Ecosystems Lab dell’Università di Oxford.

E come darle torto, se si pensa che lo stesso Bolsonaro ha incentivato attività non sostenibili in Amazzonia dicendo che la sua vocazione è in realtà quella di estrarre e produrre materie prime come soia e carne di manzo.

È un dato di fatto che, durante i suoi quattro anni in carica, la deforestazione sia aumentata del 74,65% e in soli tre anni dalla sua elezione il Paese ha perso 34.018 chilometri quadrati di foresta, un’area grande quanto il Belgio.

Quando Lula e il suo successore Dilma Rousseff hanno governato tra il 2004 e il 2016, invece, la deforestazione è diminuita del 72%. Lula ha anche operato su una piattaforma pro-conservazione, giurando di invertire le deregolamentazione di Bolsonaro, riconfermare gli scienziati alle agenzie ambientali, rimuovere l’estrazione illegale dai territori indigeni, creare uno schema di prezzi del carbonio e formare nuove agenzie dedicate alla protezione dei diritti degli indigeni e al raggiungimento degli obiettivi del Accordo di Parigi sul clima.

Supponendo che Lula mantenga queste promesse e che entrambi gli uomini governino in linea con le loro politiche passate, una sconfitta per Bolsonaro e una vittoria per Lula potrebbero ridurre la deforestazione in Amazzonia dell’89% nei prossimi 10 anni, secondo una nuova analisi condotta per Carbon Brief da scienziati dell’Università di Oxford, dell’International Institute for Applied System Analysis e del National Institute for Space Research.

La ricerca si basa sul fatto che il leader brasiliano applichi o meno il Codice forestale, una legge approvata nel 1965 che rimane lo strumento principale del Paese per far rispettare la protezione delle foreste pluviali e che stabilisce, tra l’altro, che gli agricoltori abbiano l’obbligo di preservare una certa quantità di foresta sui loro terreni e riforestare le aree disboscate illegalmente.

Il fatto che venga implementato o meno ha un impatto non solo sull’Amazzonia, ma sul clima globale. Se non venisse applicato, le emissioni di gas serra del Brasile dovute al cambiamento dell’uso del suolo continuerebbero a contribuire alla crisi climatica fino al 2050.

Naturalmente, anche se Lula dovesse vincere, ciò non significa che sarà facile per lui combattere la deforestazione.

Lula dovrà, in sostanza, proporre un’alternativa iniziando tra l’altro il suo mandato con un budget ambientale estremamente sottofinanziato. Ma peggio di così, no, non potrà fare.

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