Caccia al leone “in scatola”: cos’è, perché i sudafricani non la vogliono (ma il Paese resta uno dei più grandi esportatori)

Secondo un recente sondaggio i sudafricani si oppongono alle pratiche della caccia al trofeo di specie selvatiche, una delle attività maggiori del Paese al punto da rendere il Sudafrica il primo Stato africano per esportazione di trofei di caccia e il secondo del mondo

Animali allevati in recinti lager e uccisi per essere esposti interamente o nelle loro parti come bottino delle battute di caccia. Sono i cosiddetti “trofei di caccia”, orripilanti premi che i cacciatori di ogni angolo della Terra non vedono l’ora di portare nelle proprie case per ostentare di aver massacrato a colpi di arma leoni, leopardi, rinoceronti.

Tra le tante formule proposte ve n’è una da brividi e si chiama canned lion hunting, letteralmente caccia al leone “in scatola”, una pratica orrenda che consiste nell’uccidere il predatore in un’area circoscritta affinché l’animale non abbia alcuna possibilità di fuga.

In molti Paesi del mondo, come il Sudafrica, pratiche del genere sono non solo legali, ma l’esportazione di questi trofei di caccia compare tra le attività più redditizie dell’economia locale.

 

Secondo l’associazione Canned Lion in Sudafrica vi sarebbero tuttora almeno 300 “fattorie di leoni” allevati dietro le sbarre per essere destinati alla caccia in scatola. Ma per i cittadini del Sudafrica tutto ciò è inammissibile e due terzi si sono detti contrari a questa inaudita crudeltà. A rivelarlo è un recente sondaggio commissionato dalla ONG Humane Society International/Africa.

Dal sondaggio, somministrato in tutte le province del Sudafrica a una determinata fascia della popolazione, è emerso che il 68% dei sudafricani si oppone totalmente o in parte alla caccia ai trofei. Il 65% si dissocia inoltre dalla canned lion hunting. 

Rispetto al 2018, anno in cui un questionario simile venne distribuito tra i sudafricani, la percentuale di coloro che dice no ai trofei di caccia e al leone in scatola è aumentata rispettivamente del 12% e del 5%.

Oltre la metà dei partecipanti al sondaggio non è inoltre d’accordo con i numeri di esemplari cacciabili stabiliti dalle autorità del Sudafrica che, per il corrente anno, ammontano a 150 elefanti, 10 rinoceronti neri e 10 leopardi.

Malgrado questi risultati possano essere interpretati come il segno di una maggiore consapevolezza alla tematica e, presumibilmente, il desiderio di maggiore tutela delle specie selvatiche, il Sudafrica rimane comunque tra i vertici degli esportatori globali di trofei di caccia.

Secondo quanto riportato dalla Humane Society International Africa il Sudafrica continuerebbe a essere attualmente il primo esportatore di trofei di caccia tra i Paesi del continente africano e il secondo, dopo il Canada, nello scenario internazionale.

Fonte: Humane Society International Africa

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