La caccia illegale alle tartarughe marine non si placa: i numeri del fenomeno in un nuovo report

Più di un milione di animali uccisi illegalmente dal 1991 al 2021. Sono i numeri, probabilmente sottostimati, di un commercio molto redditizio che non accenna a fermarsi

Più di un milione di tartarughe marine uccise solo negli ultimi trent’anni – malgrado esistano leggi specifiche a protezione di questi animali. È quanto emerge dai dati raccolti in un nuovo studio recentemente pubblicato dai ricercatori della Arizona State University.

Si stima che, solo nell’ultimo decennio oggetto di studio (2011-2021), circa 44.000 tartarughe marine siano state uccise illegalmente in 65 Paesi ogni anno: sono numeri che fanno rabbrividire e che dimostrano una volta di più l’inciviltà del genere umano di fronte alla Natura.

Le tartarughe marine sono sempre più richieste sul mercato, nei settori più disparati: la carne di questi animali viene cucinata e mangiata come prelibatezza; il loro esoscheletro viene triturato e usato come ingrediente nella preparazione di medicamenti, oppure utilizzato per ricavare manufatti e gioielli costosissimi. Insomma, un business da migliaia di dollari ruota attorno a ogni singolo animale ucciso.

I numeri dello studio, certamente altissimi, non rendono conto della reale gravità del problema: secondo gli autori della ricerca, infatti, si tratta di una stima al ribasso, poiché è praticamente impossibile valutare la portata di questo tipo di attività illegale.

Per provare a definire i contorni di questo fenomeno, i ricercatori hanno comparato più di duecento articoli scientifici e studi sul tema – compresi rapporti delle organizzazioni per la conservazione della fauna selvatica e inchieste indipendenti, confrontando poi questi dati con le informazioni relative alle tartarughe in vendita sul mercato nero.

Sud-est dell’Asia e Madagascar sembrano essere punti nevralgici per la caccia alle tartarughe marine. Il Vietnam è invece il più grande “mercato primario” di questi animali e dei loro sottoprodotti, mentre Cina e Giappone si profilano come principali intermediari con l’Occidente.

I Paesi in via di sviluppo non sembrano avere alcuna intenzione di smettere di cacciare tartarughe, rinunciando in questo modo a una fonte di guadagno succulenta. Dall’altra parte, i Paesi ricchi non accennano a interrompere la richiesta di questi animali per soddisfare i loro desideri.

Un’unica nota positiva che si può leggere in questo nuovo report riguarda una riduzione della portata del fenomeno negli ultimi anni: secondo i ricercatori, lo sfruttamento illegale delle tartarughe marine è diminuito del 28% negli ultimi 10 anni – probabilmente grazie a controlli più severi.

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Fonte: Global Change Biology

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