Diversamente dal biologico, il “residuo zero” non è nient’altro che un claim non disciplinato da normative nazionali o europee. Eppure è la prima cosa che richiama la nostra attenzione sui prodotti ortofrutticoli nei supermercati: sono sì privi di residui fitosanitari, ma non vuol dire siano prodotti biologici
L’occhio cade subito su quella etichetta, “residuo zero”, soprattutto dei prodotti ortofrutticoli. Ma attenzione: in quel caso non siamo di fronte a prodotti da agricoltura biologica. “Residuo zero”, cioè, non significa che non si siano utilizzati pesticidi di sintesi o fertilizzanti ottenuti da trattamenti di materiali inorganici, ma semplicemente che in quel prodotto non sono rilevabili residui.
Residuo 0, in sostanza, non significa non utilizzo di pesticidi, ma significa che nel prodotto finito non ne rimane traccia.
E c’è di più: questo tipo di dicitura non è regolamentata, ma si tratta di disciplinari privati o di documenti tecnici proposti dagli organismi di certificazione che in genere fanno riferimento all’abbattimento del 100% dei residui massimi ammessi di fitofarmaci, e prevedono che il prodotto oggetto di certificazione non possa contenerne (considerando assenti eventuali residui inferiori a 0,01 ppm).
La differenza tra “zero” e biologico
Mentre, insomma, nell’agricoltura biologica l’uso di antiparassitari di sintesi è vietato, la dicitura “zero residui” afferma solo che la quantità di pesticidi sintetici che sono stati usate non supera il valore di 0,01 milligrammi per chilogrammo di alimento. A seconda dei gruppi di alimenti, i livelli massimi di principi attivi leciti per i prodotti fitosanitari sintetici in Europa oscillano tra 0,01 e 0,05 milligrammi per chilo di alimento e per alcuni prodotti ortofrutticoli sono anche superiori.
Nello specifico: se da un lato il biologico non ammette prodotti di sintesi, il residuo zero li applica in modo tale che alla raccolta non se ne ritrovano più. Infine, se da un lato l’approccio del biologico è detto olistico perché si tratta di un metodo agricolo che tiene in considerazione l’intero ecosistema in cui la produzione agricola è inserita, l’approccio del residuo 0 è raggiungibile solo con molecole che hanno una degradazione piuttosto veloce sul prodotto e comunque rispettando tempi di “sicurezza” tali per cui il residuo riscontrabile sul prodotto sia inferiore a 0,01 mg/kg.
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