Il 26 e 27 agosto il Jova Beach Tour è atteso a Castel Volturno. Anche qui la vegetazione dunale rischia molto, come ha documentato un report che ha analizzato cosa è avvenuto all'ecosistema prima e dopo il concerto di Jovanotti del 2019
Manca poco alle date di Castel Volturno del Jova Beach Party e, tra una polemica e l’altra, nonostante anche questa spiaggia abbia un fragile equilibrio – già devastato in occasione dello stesso concerto che si è tenuto nel 2019 – sarà ancora una volta utilizzata e “spianata” per diventare una location adeguata all’evento.
A nulla sono servite le tante critiche all’impatto ambientale del tour, tra cui quella molto pacata (ma chiara e diretta) del noto geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi, che ha scritto una lettera aperta a Jovanotti.
Come però è ormai chiaro “The show must go on“, non importa se questo mette seriamente a rischio dei già fragili ecosistemi, avendo l’illustre beneplacito del WWF nessuna spiagga è a rischio (avranno fatto bene le loro valutazioni gli esperti del WWF no?). Ed è proprio dietro a questa certezza che si nasconde Jovanotti nella sua replica a Tozzi, comparsa ieri sul profilo social del cantante.
ieri sul quotidiano La Stampa il Prof. Mario Tozzi mi ha inviato una lettera aperta.Qui c’è la mia risposta. caro…
Posted by Lorenzo Jovanotti Cherubini on Wednesday, August 10, 2022
Mario Tozzi ha poi risposto nuovamente così:
Si concluderà quindi tutto con una birra in spiaggia?
Ma al di là delle polemiche e dei botta e risposta, torniamo alla realtà dei fatti e ai dati certi e scientifici. A rischio, il 26 e 27 luglio, c’è la spiaggia dunale di Castel Volturno, già messa a dura prova nel 2019, quando il tour di Jovanotti l’ha scelta come location del suo evento.
La spiaggia di Castel Volturno prima e dopo il Jova Beach Party del 2019
A testimoniare l’impatto che il concerto del 2019 ha avuto su quell’area c’è un’importante analisi, fatta da Antonio Croce, PhD in Biologia applicata e docente di Scienze, che ci mostra e spiega il “prima e il dopo” di quel concerto.
Prima la spiaggia era dotata di una vegetazione dunale, ma per dar spazio all’evento questa è stata spianata dalle ruspe (un po’ come è successo a Fermo) e la vegetazione, ovviamente non c’era più. Se da una parte le piante annuali, dopo circa 12 mesi dal concerto, avevano ripreso in parte la loro attività, dall’altra c’erano le piante perenni di cui non vi era traccia, dato che richiedono molto più tempo per rinnovarsi.
Tempo che però non c’è, dato che l’evento nuovamente si ripeterà nello stesso luogo a distanza di 3 anni e altre ruspe andranno a spianare sabbia e dune, estirpando tutto quanto non è utile allo svolgimento del concerto. Una nuova attività di spianamento che compromette l’esistenza stessa di specie di vegetazione che già di per sé sono fragili e a rischio.
Come si legge nell’articolo di Croce:
Avvicinandosi all’area spianata per il concerto, quasi bruscamente le piante perenni scompaiono e lasciano la scena ad una vegetazione, molto rada, di specie annuali (che impiegano meno di un anno per germinare dal seme, crescere, fiorire, fruttificare e disseminare, per poi morire o, meglio, sopravvivere sotto forma di seme), tecnicamente chiamate terofite. Hanno riconquistato facilmente l’area dopo il disturbo ed alcune hanno già concluso il loro breve ciclo vitale. Riconosciamo gli “ammassi” ormai secchi di rami con quel che resta dei frutti (muniti di appendici a forma di deboli spine) della Cakile maritima. Ancora vive e vegete e perfino in fioritura, invece, Salsola tragus (anch’essa moderatamente spinosa) e poche altre specie, sempre a ciclo annuale.
Nel 2019, sostiene l’esperto, l’impatto del concerto è stato devastante e piante molto rare come l’Achillea maritima sono scomparse dall’area dunale.
Per dimostrare quanto affermato, Antonio Croce aveva realizzato delle mappe del “prima e dopo” il concerto a Castel Volturno del 2019 per far capire cosa era accaduto al paesaggio e in un post su Facebook – dove possiamo vedere queste mappe – scrive:
Come si vede nella mappa l’area (il poligono a bordo rosso) ricade su superfici in cui si potevano osservare sabbie con vegetazione rada tipica (in giallo chiaro) e comunità di piante psammofile perenni, quindi stabilizzatrici della duna. Tutto spianato…
Una semplice ruspa, quindi, può distruggere in pochissimo tempo tutto il lavoro fatto dalla vegetazione per riprendere i suoi spazi. Difficile dunque che un concerto che prevede circa 50mila spettatori ogni volta, non modifichi – volente o nolente – completamente l’ecosistema del luogo in cui si svolge.
Inoltre, spianare le dune, livellare la spiaggia ed estirpare la vegetazione espone ad un altro rischio il litorale: quello di una maggiore erosione.
Nel report il dottor Croce spiega:
La sabbia non avrà più radici che la trattengono né barriere che la intercettino e il vento l’accumulerà sulla strada all’interno. Qui naturalmente verrà raccolta e smaltita… in discarica. Il processo di impoverimento della spiaggia continuerà per anni ed il mare avanzerà metro dopo metro.
Inoltre, come ha spiegato a N’sea yet, associazione che promuove l’Economia Circolare e l’Educazione Ambientale:
Se noi andiamo a degradare ulteriormente un ecosistema blocchiamo tutte le condizioni favorevoli che avrebbero potuto favorire lo sviluppo di altre specie tipiche della duna. (…) In termini qualitativi la biodiversità del sito peggiorerà perché nel tempo spariranno le piante autoctone, tipiche della duna, facendo spazio a quelle opportuniste, esotiche, invasive che sono ormai dappertutto e si finirà per banalizzare l’ecosistema che non sarà più lo stesso e non avrà le medesime funzioni di prima, come quella di protezione dall’erosione per esempio.
Infine ricorda una cosa che già tanti esperti prima di lui hanno sottolineato:
La spiaggia non è soltanto un cumulo di sabbia ma è soprattutto vita interstiziale, un mix di caratteristiche ambientali e fisiche che vengono impattate anche dal calpestio di massa perché una cosa è la presenza di cento persone in un’area limitata di un lido, un’altra è l’impatto di migliaia di persone in quella stessa area, da un giorno all’altro. (…) Da naturalista non identifico Castel Volturno come area degradata ma come riserva naturale fatta di pineta, duna, macchia mediterranea, tartaruga marina, fratino.
Ebbene sì, tartarughe marine e fratini (specie a rischio estinzione) possono nidificare anche in questa zona, motivo in più per rispettare al massimo il territorio, evitando di disturbare gli animali con acustica e luci molto impattanti.
Un bel disastro, insomma, altro che “lasciare le spiaggie meglio di come le abbiamo trovate”, la frase che sentiamo più spesso per giustificare il Jova Beach Tour.
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Fonti: N’sea yet / Peregrinazioni botaniche
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