L'Olanda sarà la prima Nazione a ridurre gli allevamenti intensivi, prevedendo un progressivo abbattimento dei capi già condannati al macello, che non verranno però reintegrati con animali capi
Gli allevamenti intensivi sono tra le cause più impattanti della crisi climatica, senza contare i risvolti etici e del benessere animale. Ma a questo punto è possibile davvero ridurli? L’Olanda ci prova e lo fa, è vero, disponendo l’abbattimento del bestiame in eccesso.
Gli allevamenti intensivi sono diventati uno dei paradossi del nostro tempo: da una parte ci sono la sofferenza degli animali, gli standard igienici troppo spesso violati, la macchia viscida della deforestazione per far posto ai pascoli, l’enorme impatto ambientale di queste aziende; dall’altra gli enormi guadagni che questo settore garantisce ogni anno ad allevatori di tutto il mondo oltre che miliardi di persone da sfamare.
In mezzo, un Pianeta sempre più distrutto e una crisi climatica che galoppa e che minaccia di travolgere ogni cosa con foga inaudita. In questo marasma, ci sono Paesi che stanno iniziando a ripensare al loro modo di produrre il cibo e di impattare sull’ambiente.
L’Olanda, Paese europeo dove si allevano più animali destinati al macello e all’alimentazione umana, ha deciso di tornare sui propri passi e dare inizio a una politica di riduzione dei capi di bestiame e delle aziende che si occupano dell’allevamento degli animali.
Il prezzo di questa scelta, sicuramente encomiabile, è però molto alto. Per ridurre l’impatto sull’ambiente degli allevamenti intensivi 30 milioni di animali, il cui destino era comunque quello della macellazione, verranno uccisi da qui al 2030.
Questi animali, già condannati a morte, verranno quindi via via macellati ma non reintegrati con nuovi capi. Quindi, se è vero che il prezzo da pagare è alto, è vero anche che è un prezzo che gli animali avrebbe comunque pagato – con il vantaggio che la stessa sorte non toccherà ad altri bovini, ovini e suini.
Il Governo olandese ha stabilito una drastica riduzione degli allevamenti intensivi di bovini, ovini e pollame per dimezzare i livelli di inquinamento da azoto e ammoniaca entro il 2030, stanziando per questo un fondo di ben 25 miliardi di euro per “convincere” gli allevatori a rinunciare a parte del loro bestiame o a chiudere la propria azienda per dedicarsi a un’altra attività produttiva.
Secondo le stime contenute nel documento “Memorandum per le aree rurali”, per raggiungere l’ambizioso obiettivo del Governo circa 11.200 allevatori dovrebbero chiudere bottega e altri 17.600 dovrebbero ridurre il numero di animali che ospitano nelle loro aziende.
Ma cosa prevede questo programma? La strategia governativa si sviluppa su due piani:
- da una parte, come abbiamo detto, sedurre gli allevatori con finanziamenti che li orientino verso altri settori produttivi;
- dall’altra, convertire gli allevamenti intensivi in allevamenti estensivi, il che porterebbe un numero minore di animali su una superficie più vasta, diminuendo così i livelli dell’inquinamento. Anche in questo caso, si tratterebbe di ridurre l’affollamento negli allevamenti uccidendo decine di migliaia di animali.
Entro lo scorso mese, le diverse province avrebbero dovuto presentare il loro piano con i provvedimenti per ridurre la produzione di azoto e ammoniaca, ma molte non lo hanno ancora fatto. Intanto, le proteste degli allevatori non si sono fatte attendere e vanno avanti già da alcune settimane – talvolta traducendosi in violenti scontri con le forze di polizia.
La partecipazione al programma di riduzione di capi negli allevamenti è su base volontaria, almeno per ora. Agli allevatori che scelgono di cambiare mestiere e abbattere i loro animali il Governo accorderà un “premio” in denaro, ma non tutti sono disposti a rinunciare alla propria attività (che spesso si tramanda da generazioni) in nome dell’ambiente – neanche dietro lauto compenso.
Un’iniziativa, questa, che trova proprio negli allevatori l’ostacolo maggiore ma che dovrebbe essere presa come esempio da tutte le altre nazioni che vogliono davvero contribuire a ridurre le emissioni inquinanti.
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Fonti: Dutch News / Financial Times
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