Un progetto futuristico a emissioni zero, una città senza auto e alimentata da fonti rinnovabili, un sogno che però porterà più di 20mila indigeni a lasciare le loro terre
In Arabia Saudita potrebbe presto sorgere una città a emissioni zero, completamente alimentata da energie rinnovabili e senza mezzi a motore.
Il progetto è stato rivelato già nel 2021 ma solo nei giorni scorsi il governo saudita ha rilasciato le prime immagini che mostrano come potrebbe essere The Line.
Una città lineare lunga 170 chilometri, larga 200 metri e alta solo 500 metri, in grado di ospitare un milione e mezzo di persone entro il 2030, che arriveranno a nove milioni negli anni successivi.
I residenti vivranno comunità abitative con facciate di vetro che affacciano sulla costa. Gli edifici saranno climatizzati grazie a sistemi di ventilazione naturale e la natura coprirà il 95% degli spazi.
Non ci saranno né strade né automobili e residenti potranno muoversi a piedi o grazie a un treno ad alta velocità che li trasporterà in venti minuti da un capo all’altro della città.
The Line è una rivoluzione di civiltà che mette l’uomo al primo posto, fornendo un’esperienza di vita urbana senza precedenti preservando la natura circostante. Ridefinisce il concetto di sviluppo urbano e come dovrebbero essere le città del futuro – si legge sul sito.
Un sogno che però potrebbe rappresentare un incubo per oltre 20mila persone che dovranno lasciare le loro terre. Si tratta della tribù indigena al-Huwaitat, che sarà sfollata in modo forzato per portare avanti il progetto NEOM.
The Line fa infatti parte di un progetto più ampio insieme a Oxagon e Trojena, il progetto NEOM appunto. Un tassello importante dell’iniziativa Saudi Vision 2030 del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman, che mira a rinvigorire e diversificare l’economia saudita.
La smart city sarà una tra i diversi centri abitati che andranno a costituire una mega città che coprirà 26.500 chilometri quadrati nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, dove da secoli abita la tribù.
Le proteste degli indigeni contro la realizzazione della mega città sono iniziate già da tempo ma vengono prontamente zittite e da quando hanno rifiutato di trasferirsi altrove, sono iniziate minacce, rapimenti e molestie nei loro confronti.
Due anni fa, un importante attivista è stato arrestato e imprigionato e i suoi account sui social network disattivati. La stessa sorte è toccata a due membri della tribù, mentre altri tredici sarebbero stati rapiti e uno ucciso.
I membri della tribù hanno chiesto l’intervento delle Nazioni Unite perché facciano luce sui presunti abusi. Secondo gli indigeni, infatti, mentre il governo assicura di realizzare una struttura dove “la priorità sarà data alla salute e il benessere delle persone”, non si preoccupa in nessun modo delle loro vite.
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Fonti di riferimento: NEOM/Aljazeera
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