Gli scienziati la chiamano "o" ed è un'abilità che differisce in ognuno di noi: le persone in cui è più sviluppata riescono a riconoscere, abbinare e classificare le cose meglio e con più facilità
Non solo personalità e capacità cognitive, anche le capacità di riconoscere, abbinare o classificare gli oggetti (le capacità percettive) differiscono di persona in persona.
Lo hanno dimostrato alcuni ricercatori interessati a capire se tutti partiamo più o meno dallo stesso livello di talento percettivo. Per scoprirlo, hanno misurato le capacità delle persone con oggetti artificiali che non avevano mai visto, in modo che i risultati non venissero influenzati dai diversi livelli di esperienza.
In totale sono state valutate su diversi compiti, con sei categorie di oggetti artificiali generali dal computer, 246 persone. I ricercatori hanno chiesto loro di ricordare e riconoscere gli oggetti, di abbinarli o di esprimere giudizi su alcune parti.
I risultati hanno evidenziato che le persone variano tanto nelle capacità percettive quanto nelle abilità cognitive. E ricorrendo a metodi statistici storicamente applicati all’intelligenza e ai test di personalità, i ricercatori hanno scoperto che più dell’89% delle differenze percettive potrebbe dipendere da un’abilità generale, cui hanno attribuito il nome di “o” per il riconoscimento degli oggetti.
Le persone con “o” elevata sono più brave nel calcolare statistiche riassuntive per gruppi di oggetti (come stimare la “media” di diversi oggetti ) e nel riconoscere gli oggetti con il tatto. Inoltre si sono dimostrate più brave, indipendentemente dall’esperienza in radiologia, nel rilevare noduli polmonari nelle radiografie del torace.
Ciò dimostrerebbe che esistono, anche in ambito percettivo, talenti innati che sono indipendenti dal contesto. Cosa importante da sapere per evitare che le persone sprechino tempo e risorse che potrebbero essere investite meglio altrove, correndo il rischio di subire lo stigma se i loro sforzi non hanno successo a causa di fattori che non possono controllare.
E anche chi ha “o” elevato, potrà imparare a indirizzare meglio il proprio talento.
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FONTE: The Conversation
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