Marmolada: cosa ha innescato il crollo e cosa ci attende in futuro, il parere degli scienziati che studiano il ghiacciaio da 20 anni

Cosa ha provocato il collasso di una parte del ghiacciaio della Marmolada? La tragedia che ha scosso il nostro Paese era prevedibile? E quale futuro attende i ghiacciai alpini? Il punto della situazione secondo i geofisici e glaciologi italiani che studiano il ghiaccio della Marmolada da circa 20 anni

Quanto accaduto sulla Marmolada qualche giorno fa è l’ennesima cronaca di un disastro annunciato legato alla crisi climatica che avanza a ritmi sempre più veloci. Il bilancio definitivo della tragedia che ha scosso l’Italia è di 11 fra morti e dispersi. Adesso, però, è il momento di comprendere cosa e perché è avvenuto esattamente e quale futuro attende le Dolomiti.

A fare il punto della situazione sono i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada, che da vent’anni sono impegnati nello studio del ghiacciaio.

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Le dinamiche del crollo

Ma come si è verificato il crollo che ha interessato il più grande ghiacciaio delle Dolomiti? Quali sono le dinamiche che l’hanno innescato? Il collasso avvenuto lo scorso 3 luglio ha riguardato un lembo residuale del ghiacciaio centrale che occupa una piccola nicchia a ridosso della cresta sommitale sotto Punta Rocca formando un “ghiacciaio sospeso”. Secondo il team di esperti, si è verificato per una serie di condizioni, fra cui:

  • la forte inclinazione del pendio roccioso
  • l’apertura di un grande crepaccio che ha separato il corpo glaciale in due unità
  • la presenza di discontinuità al fondo e sui lati
  • l’aumento anomalo delle temperature che hanno influito sullo stato del ghiaccio
  • l’aumento della fusione con conseguente incremento della circolazione d’acqua all’interno del ghiaccio che può aver innescato una crescita dello stress sulle superfici di discontinuità
  • la fusione progressiva della fronte glaciale che ha fatto mancare sostegno alla massa sospesa

Quanto avvenuto era prevedibile?

In realtà prima della tragedia non sono stati osservati dei segnali evidenti di un collasso imminente.

A differenza delle frane, nei ghiacciai, salvo rarissimi casi, non vi sono sistemi di allerta che misurano movimenti e deformazioni in tempo reale. – chiariscono i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada – I crepacci, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel distacco, erano visibili già da diversi anni e di per sé fanno parte della normale dinamica glaciale.

Tuttavia, l’ipotesi non era poi così remota, a causa del ritiro dei ghiacciai alpini provocato dalla crisi climatica. Già nel 2019 il CNR ci aveva messo in guardia sulla scomparsa del ghiaccciaio della Marmolada entro 25 anni.

Il distacco di seracchi è un fenomeno frequente nei ghiacciai e fa parte della normale dinamica glaciale, più raro il caso di collassi in blocco come quello verificatosi in Marmolada. Il ritiro e il riscaldamento determinano un aumento della frequenza degli eventi e in generale un aumento della pericolosità delle fronti glaciali. L’osservazione annuale di molti ghiacciai è stata recentemente abbandonata proprio per l’incremento delle condizioni di rischio alle fronti glaciali.

I precedenti in passato

Il crollo che ha interessato la Marmolada non è affatto l’unico. Diversi fenomeni analoghi si sono verificati negli ultimi anni in varie zone alpine. Circa un mese fa due alpinisti sono morti per il distacco di seracchi dal Grand Combin, il massiccio montuoso delle Alpi Pennine occidentali

Il ghiacciaio Planpicieux (Monte Bianco), sottoposto a monitoraggi dal 2020, aveva di fatto messo a rischio la sottostante Val Ferret. Un evento molto simile, anche nelle dinamiche, a quello della Marmolada si è verificato nel luglio del 1989 nel ghiacciaio superiore di Coolidge (Monviso), fortunatamente senza vittime. – chiariscono gli esperti – L’analisi della cartografia storica della stessa Marmolada evidenzia la probabile presenza di analoghi distacchi che potrebbero essersi verificati sul finire dell’800.

Il crollo del ghiacciaio della Marmolada è un chiaro sintomo della crisi climatica

La tragedia della Marmolada è soltanto l’ennesimo campanello d’allarme della crisi climatica che sta stravolgendo l’ambiente e, di conseguenza, le nostre vite. Fra le principali cause del crollo vi è insubbiamente l’aumento della temperatura e in particolare nella zona della Marmolada della temperatura minima invernale che nel corso di 35 anni di osservazioni è aumentata di ben 1,5 gradi.

Nel corso dell’ultimo secolo il ghiacciaio della Marmolada si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume e, ad oggi, esso è grande circa un decimo rispetto a cento anni fa. Il drammatico ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione, tanto che negli ultimi 40 anni la sola fronte centrale è arretrata di più di 600 metri risalendo nel contempo in quota di circa 250 metri.
La velocità di ritiro media è stata di:

  • 0,5 m/anno fra il 1902 e il 1906
  • 5 m/anno fra il 1925 e il 1938
  • 8,4 m/anno fra il 1951 e il 1966
  • 10,3 m/anno fra il 1971 e il 2015

“Il ghiacciaio della Marmolada è il più grande ghiacciaio delle Dolomiti ed è un fondamentale termometro dei cambiamenti climatici per la sua rapida risposta anche alle piccole variazioni di precipitazioni e temperatura” aggiungono i ricercatori.

rilievi marmolada

@Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS

Il futuro drammatico del ghiacciaio della Marmolada

Purtroppo il futuro del ghiacciaio della Marmolada sembra ormai segnato: tra qualche decennio è destinato a sparire.

Se saranno confermati gli attuali andamenti anche nei prossimi anni, è molto probabile che il ghiacciaio della Marmolada scompaia prima del 2040. – avverte il team di esperti – Se dovesse rallentare il processo di riduzione della massa glaciale, in ogni caso è improbabile che possa conservarsi oltre il 2060. Solo pochi anni fa i modelli prevedevano una vita del ghiacciaio per altri 100 o 200 anni. È evidente, quindi, come i modelli predittivi debbano essere costantemente aggiornati e migliorati ma come sia anche fondamentale garantire (e possibilmente migliorare) il monitoraggio dei ghiacciai con particolare attenzione alle loro variazioni volumetriche.

La stessa sorte toccherà quindi anche a tutti gli altri ghiacciai italiani? Come chiarito dai ricercatori, non tutti i ghiacciai presentano le medesime condizioni di pericolo che variano in funzione della temperatura, ma anche della morfologia, delle pendenze, delle dimensioni e di altri parametri. Quindi gni ghiacciaio andrebbe studiato singolarmente, individuando i rischi specifici.

Per rallentare il processo di scioglimento dei ghiacciai di tutto il mondo ed evitare il peggio l’unica soluzione possibile è riuscire a tagliare le emissioni di gas serra (e non soltanto a parole!) in modo da mitigare il riscaldamento terrestre.

“Nel breve-medio termine si può solamente ricorrere a strategie di adattamento che consentano la razionalizzazione delle risorse e una maggiore efficienza nella realizzazione delle infrastrutture, nei processi industriali e nei modelli sociali” evidenziano gli scienziati.

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Fonte: Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS

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