Stress, depressione, attacchi di panico...anche queste sono le conseguenze della crisi climatica in atto, che fa sempre più paura (soprattutto ai più giovani)
La crisi climatica è un problema che preoccupa tutte le fasce di età, ma anche una solida realtà con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente: siccità, scarsità d’acqua, temperature sempre più alte, desertificazione sono problemi che stiamo toccando con mano anche in un Paese come il nostro, finora raramente interessato da questi fenomeni.
È impossibile impedire alla nostra mente di rivolgersi a pensieri angoscianti relativi al nostro futuro, o di preoccuparsi per ciò che sta già accadendo e per quello che potrebbe accadere nei prossimi anni. Questo stato di paura in cui molti di noi vivono pensando a come sta cambiando il nostro ambiente, il nostro clima, ha un nome: è l’ansia climatica.
Non si tratta di una vera e propria condizione clinica, quanto piuttosto di una paura cronica del destino ambientale, legata alle calamità ambientali derivanti dalla crisi climatica – come la scarsità di risorse (acqua in primis, ma anche cibo) nel prossimo futuro e la perdita di interi ecosistemi, con la conseguente morte di specie animali e vegetali.
I sintomi dell’ansia climatica
La sintomatologia di questa ansia dipende da persona a persona e da come ciascuno di noi si lascia influenzare dal mondo che lo circonda. Fra i sintomi più frequenti ricordiamo:
- Attacchi di panico e di disperazione
- Depressione
- Alienazione
- Stress
- Disturbi del sonno
- Aumento dell’aggressività
- Pulsioni suicide (Leggi anche: Ansia climatica e suicidi, l’effetto collaterale silenzioso dell’aumento del caldo e della crisi del clima)
Esiste poi un particolare disturbo psicologico, la solastalgia, strettamente connesso ai cambiamenti climatici: in pratica, temiamo che il clima che cambia possa danneggiare in maniera irreparabile luoghi a noi cari o legati ai nostri ricordi.
Il termine, coniato qualche anno fa dal filosofo australiano Glenn Albrecht, deriva dai termini latini solacium (conforto) e la radice greca algia (dolore) e indica appunto un malessere che si percepisce quando si vede un peggioramento nel luogo in cui si vive – dovuto ai cambiamenti climatici, all’urbanizzazione, alla cementificazione, allo sfruttamento del suolo e così via.
Fattori di vulnerabilità
Come abbiamo detto, non si tratta di un disturbo generalizzato, ma ognuno ha la sua personale percezione della crisi climatica in atto, dei rischi ad essa connessi e, di conseguenza, dell’ansia climatica. Certamente la forte esposizione a calamità naturali o a notizie allarmistiche sulla degenerazione dell’ambiente svolgono un ruolo chiave nell’aumentare il senso di disagio.
Anche la giovane età e la maggiore consapevolezza del problema contribuiscono ad accrescere lo stato di ansia. Si pensi che molti giovani scelgono di non mettere al mondo figli poiché certi che la qualità della vita nel prossimo futuro sarà addirittura peggiore di quella che stiamo vivendo oggi.
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Fonte: IPSICO
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