Ogni giorno migliaia di tonnellate di oli commestibili finiscono nei motori delle auto, inquinando il Pianeta

In un momento di insicurezza alimentare, usare gli oli vegetali come carburante per le auto è un'idea tutt'altro che assennata, che ha l'unico risultato di affamare la popolazione mondiale facendo salire i prezzi dei prodotti alimentari

Unione Europea e Regno Unito stanno utilizzando oli vegetali utilizzati tradizionalmente nell’industria alimentare come carburante per centinaia di migliaia di veicoli a motore, come risposta alla crisi dell’energia provocata dal conflitto in Ucraina e dai blocchi disposti da Mosca, senza considerare l’enorme impatto ambientare di questa scelta.

Un nuovo report stima che ogni giorno oltre 17.000 tonnellate di olio vegetale finiscano nei serbatoi dei veicoli come carburante – malgrado anche il prezzo di queste sostanze sia arrivato a costare fino a due volte e mezzo in più rispetto allo scorso anno.

Pensate che circa 19 milioni di bottiglie di olio di colza (prodotte in UE e Regno Unito) e 14 milioni di bottiglie di olio di palma e soia (importate da Indonesia e Sud America) oggi giorno vengono dirottate dall’industria alimentare a cui erano destinate a quella dell’energia.

Secondo una stima, il 58% dell’olio di colza e il 9% di quello di girasole consumati nel nostro continente fra il 2015 e il 2019 sono stati bruciati come combustibile per automobili e camion. Ciò ha un impatto ambientale peggiore di quello provocato da combustibili fossili quali petrolio e gas.

Tutto questo accade in un momento in cui l’insicurezza alimentare sta raggiungendo livelli record e colpendo sempre più persone in tutto il mondo. Cibo razionato nei supermercati e aumento dei prezzi al dettaglio non hanno però fermato la combustione di migliaia di tonnellate di olio nei veicoli.

E non ha fermato neppure la trasformazione di tonnellate di cereali (il 10% della produzione cerealifera mondiale, sufficiente a sfamare quasi due miliardi di persone) in biocarburanti, con un evidente danno alle fasce più povere e affamate della popolazione mondiale.

Insomma, è necessario ripensare subito al modo in cui diamo energia alla nostra quotidianità e dare nuovamente priorità all’alimentazione rispetto ai trasporti e ai consumi energetici, se vogliamo davvero risolvere la crisi alimentare in atto e sfamare il numero più alto possibile di persone.

Numerosi studi hanno collegato l’aumento dell’uso dei biocarburanti all’aumento vertiginoso dei prezzi dei generi alimentari al dettaglio che tutti noi consumatori stiamo sperimentando ogni giorno: questo perché le colture di biocarburanti riducono l’offerta di terra, togliendo terreno alle colture destinate all’alimentazione umana.

Oltre a questo, come abbiamo detto, i biocarburanti contribuiscono in maniera addirittura maggiore rispetto ai combustibili fossili all’inquinamento dell’atmosfera, perché dirottano le colture alimentari su terreni precedentemente non coltivati, aumentando i processi di deforestazione.

Quindi, usare in maniera scriteriata i biocarburanti pensando di fare del bene al Pianeta è peggio che limitare semplicemente l’uso di combustibili fossili come il petrolio.

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Fonti: Transport & Enviroment / The Guardian

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