Carenza di vitamina D legata a un rischio maggiore di aborto spontaneo

Una nuova ricerca ha sottolineato come la carenza di vitamina D aumenti il rischio di aborto spontaneo per le donne in gravidanza, oltre ad aumentare le probabilità di altre complicazioni

Un nuovo studio ha rivelato che le donne con bassi livelli di vitamina D hanno un rischio significativamente maggiore di aborto spontaneo.

Gli scienziati affermano che la valutazione dei livelli di vitamina D e il trattamento della carenza prima del concepimento possono offrire maggiori benefici, rispetto alla sola assunzione di vitamina D durante il primo trimestre, ma c’è bisogno di ulteriori ricerche per confermare tutto ciò.

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Lo studio

Guidato da esperti dell’Università di Birmingham, il team di ricerca ha valutato l’impatto della vitamina D durante la gravidanza, trovando un’associazione significativa tra i livelli di vitamina D e il rischio di aborto spontaneo o ricorrente.

La vitamina D è nota solo per il suo ruolo nelle complicanze della gravidanza tardiva, ma l’attuale ricerca supporta anche un altro ruolo importante, che potrebbe aiutare a incoraggiare le donne sui benefici dell’assunzione precoce di integratori.

Al momento, sono necessarie ulteriori ricerche per poter raccomandare l’integrazione alle donne in gravidanza, e anche a coloro che stanno pianificando una gravidanza.

Il motivo? La carenza di vitamina D è estremamente comune, e le donne in gravidanza hanno maggiori probabilità di esserne carenti; inoltre, questo micronutriente è fondamentale per aiutare lo sviluppo delle ossa, dei denti e dei muscoli del bambino.

Bassi livelli della vitamina del sole sono legati ad altri gravi problemi, inclusi problemi di concepimento e complicazioni come la pre-eclampsia e il parto pretermine.

Gli autori hanno studiato se il trattamento della carenza di vitamina D prima del concepimento protegge le donne dal rischio di aborto spontaneo. Tuttavia, a causa del numero limitato di studi su questo argomento, gli autori non sono stati in grado di confermare che l’integrazione riduce effettivamente il rischio.

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Fonte: Fertility and Sterility

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