L'elefantessa Happy merita diritti umani fondamentali? La Corte di New York sta rivedendo il suo caso, valutandone la liberazione. L'associazione Nonhuman Rights Project, che ha preso a cuore la situazione del pachiderma detenuto in solitudine da 15 anni, continua a mettere pressione. La sentenza finale è attesa nelle prossime settimane
L’elefantessa Happy è ancora nello zoo del Bronx, da sola e da più di 15 anni trascorsi nel suo recinto isolato in cui l’unico contatto che ha con l’altro elefante imprigionato nella stessa struttura è attraverso una rete di metallo.
Una condizione pesantissima per un animale estremamente sociale come un elefante, condizione che potrebbe però cambiare nelle prossime settimane.
Da anni l’associazione Nonhuman Rights Project si batte per la liberazione di Happy, chiedendo al tribunale di deliberare a riguardo e accordarle il diritto dell‘habeas corpus. Questo principio considererebbe la sua prigionia illegale e garantirebbe all’animale i diritti umani fondamentali.
Sarebbe una sentenza storica, che attribuirebbe a un elefante il complesso delle norme che garantiscono l’inviolabilità della libertà personale del cittadino contro l’azione arbitraria dello Stato.
La triste storia di Happy
Il suo caso era stato già portato davanti al giudice nel 2019-2020, ma la legge aveva dato ragione allo zoo affermando che l’atto di habeas corpus era limitato unicamente agli esseri umani. L’elefante sarebbe rimasto nello zoo del Bronx nell’ “ambiente sereno e familiare che Happy conosce”.
Da allora l’ONG non si è arresa e si è rivolta alla Corte d’Appello di New York, la Corte suprema del suddetto Stato che sta riesaminando la vicenda di Happy. Il gruppo insiste perché l’elefantessa sia trasferita in un santuario per elefanti in Tennessee o in California.
È la natura della detenzione e la natura della specie che rendono le condizioni di Happy una violazione dell’habeas corpus, ha detto Monica Miller avvocato del NhRP.
La sua condizione preoccupa molto gli etologi, i veterinari esterni allo zoo e tutti coloro che stanno seguendo la sua storia. Il pachiderma potrebbe sviluppare artrite, aggressività e soffrire di depressione perché confinato in isolamento, senza possibilità di relazionarsi con un suo simile se non tramite la recinsione che delimita la sua area.
Happy ha ora 48 anni, è stata catturata da piccolissima, probabilmente in Thailandia, e ha raggiunto gli Stati Uniti assieme ad altri elefantini. Qui alcuni sono stati venduti ai circhi, altri agli zoo. Dopo una serie di trasferimenti Happy è finita al Bronx Zoo assieme a un altro elefante.
Il suo compagno di disavventure è però morto e da più di 15 anni l’elefantessa vive da sola, davanti agli occhi incuriositi dei visitatori. Per lei è stata lanciata una petizione su Change.org.
Diritti umani a un elefante
La Corte suprema delibererà sul suo caso nel giro di qualche settimana. La sentenza finale potrebbe essere decisiva non solo per il pachiderma che non sa proprio cosa significhi il suo nome “happy – felice”, ma per tutti gli animali a cui è stata sottratta la libertà, detenuti negli zoo, delfinari e altre strutture di prigionia.
In altri Stati, quasi ad esempio l’Ecuador, gli animali selvatici sono soggetti di diritto a tutti gli effetti e non possono essere cacciati, catturati e trafficati.
Quando gli altri Paesi del mondo estenderanno lo stesso trattamento e la stessa protezione a tutte le altre specie viventi ingiustamente private della loro libertà?
Fonte: NhRP
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