Alcune creme solari riportano la dicitura "sicura per la barriera corallina" solo perché non contengono ossibenzone. Ma sono davvero amiche dell'ambiente? Non proprio, dato che anche altri filtri possono essere pericolosi per l'ecosistema marino (e la nostra salute)
Non possiamo fare a meno di utilizzare una crema solare ma, allo stesso tempo, dovremmo preoccuparci che questa sia il più possibile “pulita” e amica dell’ambiente, in particolare della barriera corallina. Come è ormai noto, infatti, alcuni filtri solari controversi danneggiano irrimediabilmente l’ecosistema marino e non a caso diverse nazioni nel mondo, tra cui le Hawaii, ne hanno vietato l’utilizzo per salvare i coralli.
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Ma non si tratta solo dei coralli: i prodotti chimici contenuti nelle creme solari possono influenzare negativamente anche i delfini, i pesci, le alghe verdi, le cozze e i ricci di mare. Studi più recenti hanno poi dimostrato che le stesse sostanze stanno danneggiando anche gli ecosistemi di acqua dolce come laghi e fiumi.
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Importante orientarci dunque sull’acquisto di creme solari che non contengano filtri o altre sostanze controverse, potenzialmente pericolose per l’ambiente ma anche per la nostra salute.
Alcuni produttori pubblicizzano le proprie creme solari con diciture tipo “sicura per la barriera corallina”, ma è davvero così?
Per capirlo EcoWatch ha fatto alcune domande agli amministratori delegati di due aziende di protezione solare eco-bio molto note negli Stati Uniti e certificate come sicure per l’ecosistema marino dall’Haereticus Environmental Laboratory (HEL): Stream2Sea e Badger.
In particolare gli esperti americani si sono soffermati a capire il reale significato di diciture come “Reef Safe” e “Reef Friendly”. Ebbene queste potrebbero essere un ennesimo esempio di greenwashing da parte delle aziende, una tattica di marketing ingannevole utilizzata per sembrare più ecologiche di quanto in realtà non siano.
Il significato di questi slogan in etichetta è molto chiaro: “Questo prodotto non è dannoso per le barriere coralline”, non altrettanto chiaro però è se si tratta della verità. Il problema è che non esiste una regolamentazione in merito alle etichette che definiscono i prodotti sicuri per la barriera corallina.
Come ha dichiarato Autumn Blum, CEO di Stream2Sea:
Non esiste una definizione universalmente riconosciuta di cosa sia ‘reef safe’. Quindi, cosa significhi per me la sicurezza della barriera corallina rispetto a ciò che potrebbe significare per un’altra azienda, o per una società di marketing, può essere molto diverso.
Concretamente, le creme che riportano la scritta “sicura per la barriera corallina” in realtà stanno ad indicare che non contengono ossibenzone o ottinoxato, due ingredienti che sono stati riconosciuti come dannosi per l’ecosistema marino. Ma le ricerche più recenti mostrano che anche altre sostanze chimiche presenti nei solari possono essere nocive.
Come ha sottolineato Blum:
Invece di usare ossibenzone e octinoxate, lo hanno semplicemente sostituito con avobenzone e octocrilene, che ora si stanno dimostrando ugualmente o, in alcuni casi, anche più dannosi. L’assenza di due sostanze chimiche tossiche non lo rende ‘sicuro’, giusto?
E ovviamente, oltre che per l’ecosistema marino, molti filtri utilizzati nelle creme solari sono potenzialmente pericolosi anche per la salute umana. Come ha dichiarato Rebecca Hamilton, co-CEO di Badger, azienda di prodotti biologici per la cura della pelle:
Penso che ci sia una vera preoccupazione anche per la salute umana.
Non a caso negli Stati Uniti la FDA non considera sicuri e efficaci la maggior parte dei filtri utilizzati nelle creme solari, come segnala questa tabella contenuta nella guida ai solari 2022 dell’EWG.
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Gli unici filtri che, almeno per il momento, sembrano avere meno risvolti negativi per la salute e l’ambiente sono quelli minerali, ovvero biossido di titanio e ossido di zinco.
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Fonte: EcoWatch
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