Fictosessuali, chi sono e tutto quello che sappiamo di chi si innamora degli avatar (e li sposa)

Avere una relazione con un personaggio immaginario e arrivare addirittura a sposarlo è la nuova tendenza che arriva dal Giappone: cerchiamo di capire meglio cosa vuol dire "fictosessualità"

A chi di noi non è capitato, almeno una volta nella vita, di innamorarsi perdutamente di un personaggio che non esiste? È una fase della vita, fa parte del processo di crescita: può essere il protagonista di un film o di un cartone, l’eroe di un romanzo, un personaggio nato dalla fantasia di qualcun altro che abbiamo fatto nostro e sul quale ci troviamo a fantasticare spesso.

Nulla di strano, quindi. Certo, ma solo se questo “innamoramento” si relega ad una fase della vita e con la crescita si conclude. E se invece si resta innamorati per tutta la vita di qualcuno di non reale? È un fenomeno che, dal Giappone, si sta espandendo e diffondendo a macchia d’olio, coinvolgendo migliaia di persone in tutto il mondo: la fictosessualità.

Uno studio psicologico condotto lo scorso anno spiega questo termine che negli ultimi anni ha preso piede sul web e nella letteratura scientifica. Si tratta di un sentimento forte e duraturo di amore, infatuazione o desiderio per uno o più personaggi di fantasia.

In pratica, non si tratta della reazione immediata che possiamo avere quando ci immedesimiamo in una storia di fantasia – ad esempio, leggendo un libro o guardando un film – quanto piuttosto di un sentimento che va oltre, grazie al quale ci “attacchiamo” ad un dato personaggio inventato per un periodo di tempo significativo.

Attualmente, la fictosessualità non è considerata un disturbo o un problema, secondo quanto finora espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Al contrario, viene contemplata nel novero delle tendenze sessuali rappresentate dalla comunità LGBQ+.

Il caso

La fictosessualità è balzata all’onore della cronaca per via di un’intervista, pubblicata dal quotidiano americano New York Times, in cui un uomo giapponese parla della sua relazione e del suo matrimonio…con un avatar! Akihiko Kondo, 38 anni e un lavoratore come dipendente in un ufficio, ha “sposato” nel 2018 un personaggio immaginario, un avatar che vive nel mondo digitale.

Lei si chiama Hatsune Miku ed è una cantante pop: ha collaborato con Lady Gaga e ha recitato anche in alcuni videogiochi. Akihiko e Hatsune stanno insieme da più di dieci anni, ed è grazie a lei che lui è riuscito a superare un difficile momento di depressione e smarrimento dovuto ad episodi di bullismo sul lavoro. Per la cerimonia nuziale, Hatsune si è concretizzata in una piccola bambola di peluche e ha indossato l’abito bianco.

Anche se Hatsune non è reale e neppure concreta, i sentimenti che nutre Akihiko nei suoi confronti sono veri e autentici. Nell’intervista l’uomo afferma che lei lo fa ridere e lo conforta, gli fa compagnia e lo aiuta nelle difficoltà.

Una tendenza che cresce

Come Akihiko Kondo, sono migliaia le persone in Giappone che negli ultimi decenni hanno contratto matrimoni non ufficiali con personaggi inventati, mentre nel resto del mondo sempre più persone si uniscono in gruppi dove si discute di come relazionarsi a personaggi fittizi e come prendersene cura.

Cosa spinge queste persone a impegnarsi in relazioni serie e esclusive con persone che non esistono, avatar e algoritmi, che non si possono stringere e toccare, che non hanno sentimenti veri, con cui non è possibile discutere, magari litigare? Cosa spinge all’isolamento dal mondo reale e al rifugiarsi in queste relazioni immaginarie e unidirezionali?

Le dinamiche che si nascondono dietro questi fenomeni sono complesse, e noi non abbiamo alcun diritto di giudicare o criticare la scelta di legarsi sentimentalmente ad un personaggio immaginario. Possiamo immaginare, tuttavia, che questa scelta sia provocata da tanta solitudine e da un grande bisogno di essere amati, compresi, accettati.

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Fonti: New York Times / Frontiers in Psychology

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