Nello Paese dell’Africa meridionale, un giudice ha negato il permesso di seppellire il corpo di un anziano boscimane nella sua terra ancestrale nella Central Kalahari Game Reserve (CKGR). Una decisione che potrebbe riaccendere la miccia (probabilmente mai spenta) delle tensioni tra i Boscimani e il Governo del Botswana
Loro rappresentano una minoranza indigena che, nemmeno a dirlo, da anni chiede il rispetto dei propri diritti e della propria identità culturale, e lui era Pitseng Gaoberekwe, un cacciatore della popolazione dei Boscimani che ha trascorso quasi tutta la sua vita nella sua riserva.
Solo poco prima di morire si era trasferito in uno dei campi di reinsediamento all’esterno della CKGR, per stare vicino ai suoi figli. Poi, alla sua morte, le autorità hanno negato alla famiglia il permesso di riportare il corpo nella terra ancestrale per poterlo seppellire. Sono quattro mesi che la famiglia lotta affinché sia rispettato il diritto di Pitseng a essere sepolto nella riserva, come l’uomo aveva chiesto prima di morire. Secondo le credenze religiose dei Boscimani, infatti, far visita alle tombe dei propri cari rappresenta un atto considerato al pari di una “medicina”.
Ma il 25 aprile scorso, il giudice Itumeleng Segopolo ha deciso che la famiglia di Pitseng deve recuperarne il corpo entro 10 giorni e seppellirlo al di fuori della riserva, pena l’arresto.
I Boscimani sono un popolo nomade che abita da sempre nel deserto del Kalahari, sostenendosi soprattutto sulla caccia. Tra il 1997 e il 2002, il Governo del Botswana li ha sfrattati dalla Central Kalahari Game Reserve, un ampio parco istituito negli anni ’60 e che comprende le antiche terre del popolo boscimane, costringendoli a vivere in campi di reinsediamento.
Nel 2002 i Boscimani hanno reagito e hanno portato il Governo in tribunale, con l’accusa di averli sfrattati illegalmente. Finalmente, nel 2006, dopo un processo piuttosto lungo e articolato, la Corte suprema dello Stato africano ha dato loro ragione, riconoscendo il loro diritto a vivere e cacciare nella riserva e definendo gli sfratti “illegali e incostituzionali”.
La battaglia dei Boscimani del Botswana per tornare a vivere nelle loro terre ancestrali (PETIZIONE)
Ciò nonostante, la situazione per i Boscimani non è migliorata e la sentenza è rimasta lettera morta. Numerosi nuclei familiari sono stati separati e i pochi Boscimani che sono stati riammessi nella Central Kalahari Game Reserve sono tuttora oggetto di atti indimidatori e di molestie.
Secondo molti Boscimani, il Governo sta ora utilizzando questo nuovo caso per vendicarsi della sconfitta. L’avvocato che rappresenta le autorità nel dibattimento per la sepoltura di Pitseng Gaoberekwe è l’ex consigliere del Presidente, Sideny Pilane, che aveva rappresentato il governo nel caso del 2006.
Pitseng era così determinato a continuare a vivere nella riserva come cacciatore che aveva già subito un attacco, un arresto e un anno di carcere nel 1994, dopo essere stato arrestato dai guardaparco per aver cacciato.
Separare le nostre anime e i nostri spiriti è come togliere un bambino appena nato alla madre. Crediamo che i tribunali del Botswana siano fedeli al governo e quindi non ci aspettiamo giustizia – dice a Survival International Smith Moeti, nipote del defunto. Questa sentenza è una violazione dei nostri diritti indigeni, riconosciuti dalla legge e dai trattati internazionali. Abbiamo diritti sulla nostra terra ancestrale e nessuno può toglierceli, a prescindere da ciò che dice il governo. Era la nostra terra ben prima di diventare una riserva faunistica.”
Questa sentenza è un colpo basso per la famiglia di Pitseng e un grande passo indietro per tutti i Boscimani che considerano casa la Central Kalahari Game Reserve. Il fatto che il caso sia arrivato in tribunale dimostra che il Governo sceglierà nuovamente di perseguitare i Boscimani della CKGR.
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Fonte: Survival International
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