Gigantesco tsunami nel Mediterraneo: nuovo studio rivela il pauroso fenomeno

Un mega tsunami ha colpito il Mediterraneo 1600 anni fa, travolgendo le coste della Sicilia e della Calabria: a svelarlo un nuovo studio guidato da team di scienziati italiani

Un enorme tsunami nel Mediterraneo? È l’incubo di chi vive nei Paesi che si affacciano su questo mare (noi compresi). Ma, a quanto pare, i maremoti di gigantesca portata si sono verificati più volte in passato. E non bisogna andare troppo a ritroso nel tempo: una nuova ricerca scientifica, infatti, ha svelato che un fortissimo tsunami potrebbe essere avvenuto circa 1600 anni fa, esattamente nel 365 d.C.

Lo studio, coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e pubblicato sulla rivista Scientific Reports, è partito dall’analisi del deposito di sedimenti spesso fino a 25 metri che si trova nel Mar Ionio e che ha acceso la curiosità degli esperti. Secondo gli scienziati, potrebbe essere il risultato di un mega tsunami, originatosi a Creta e che ha interessato le coste della Calabria meridionale e della Sicilia. E quei sedimenti sarebbero stati trascinati dalla potenza delle correnti indotte dall’onda del maremoto.

tsunami mediterraneo

@Scientific Reports

Come chiarito dal team di studiosi, il nostro mare ospita due sistemi di subduzione lungo il limite tra le placche africana ed eurasiatica, che hanno dato vita a potentissimi terremoti nel passato, talvolta associati a tsunami.

Sulla base di descrizioni storiche e dell’analisi dei sedimenti prelevati dai fondali del Mar Ionio, uno di questi eventi, avvenuto nel 365 d.C., ha interessato un’ampia area geografica incluse regioni distanti circa 800 km dalla zona sorgente che si trova a Creta – chiarisce Alina Polonia, ricercatrice del Cnr-Ismar – I campioni di sedimento analizzati hanno permesso di verificare che il materiale che si trovava in condizioni di acqua molto bassa è stato strappato dalla zona costiera e depositato a 4000 metri di profondità. L’onda dello tsunami ha prodotto molteplici frane sottomarine lungo un fronte di migliaia di chilometri, dall’Italia meridionale alle coste africane. Le correnti hanno trascinato sedimenti costieri nelle profondità abissali anche in assenza di canyon, probabilmente attraverso flussi tabulari di grandi dimensioni. Questo ha permesso la deposizione di un volume straordinario di sedimenti di oltre 800 km3 in tutto il Mediterraneo orientale.

Processi molto simili a quelli appena analizzati dal team del Cnr-Ismar sono stati confermati anche il potente tsunami del 2011 che ha devastato il Giappone, danneggiando la centrale nucleare Fukushima Dai-ichi. Le caratteristiche del deposito di sedimenti hanno aiutato gli scienziati a individuare anche altri due fenomeni più antichi che hanno preceduto il maremoto che si è originato a Creta nel 365 d.C., consentendo di acquisire elementi preziosi per una più corretta valutazione del rischio tsunami ai giorni nostri.

Lo studio dimostra che uno tsunami può scaricare volumi significativi di sedimenti e carbonio organico nelle profondità oceaniche, influenzando così il ciclo geochimico globale e gli ecosistemi dei fondali marini – chiarisce la dottoressa Polonia – Capire come vengono prodotti i mega-tsunami, e dove sono più probabili, richiede una migliore comprensione dei processi sedimentari secondari come instabilità delle scarpate continentali, generazione di frane sottomarine e correnti di sessa in tutto il bacino.

Il rischio tsumani oggi

Anche in tempi recenti nel nostro Paese in cui sono avvenuti numerosi terremoti ed eruzioni vulcaniche, molto ben documentati e noti al pubblico. Per fortuna, però, raramente le coste italiane sono state interessate anche da tsunami. L’ultimo maremoto disastroso fu quello originato dal terremoto di Messina, di magnitudo 7,1, avvenuto 1908, che causò circa 100mila vittime tra la Sicilia e Reggio Calabria.

Ma come siamo messi a livello di prevenzione dei rischi e monitoraggio in Italia? Nel 2017 in Italia è stato istituito il SiAM – Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti generati da sisma, di cui fanno parte tre istituzioni: l’Ingv – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che opera attraverso il Cat – Centro Allerta Tsunami, l’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e il Dipartimento della Protezione Civile.

Lo scopo del SiAM è QUELLO di analizzare in tempo reale i dati delle reti di monitoraggio, per ventiquattro ore al giorno e sette giorni la settimana, in modo da rilevare i terremoti in mare o lungo la costa per lanciare tempestivamente i messaggi di allerta e salvaguardare la popolazione.

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Fonti: Scientific Reports/CNR-Ismaar

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