Salmonella negli ovetti Kinder: così contamina il cioccolato scatenando l’infezione, secondo il Bfr tedesco

Il focolaio di salmonella nei prodotti Kinder continua ad allargarsi e si cerca di capire come il cioccolato possa essere stato contaminato dal pericoloso batterio. Il Bfr tedesco riassume tutto quello che c'è da sapere sui casi di salmonellosi legati al cioccolato che si sono verificati - sia pur raramente - negli ultimi anni

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) stanno attualmente indagando sul focolaio di salmonellosi relativo ad alcuni prodotti Kinder, venduti in diversi Paesi europei.

Come ha fatto sapere l’Efsa, tra l’altro, l’intenzione è quella di allargare l’indagine anche ad altri stabilimenti (oltre quello di Arlon in Belgio da dove è partita la contaminazione). Leggi anche: Kinder e salmonella: gli altri stabilimenti sono davvero sicuri? L’Efsa avvia un’indagine

Ma come mai anche il cioccolato rischia di essere contaminato da salmonella? A intervenire sulla questione è l’Istituto federale per la valutazione dei rischi (BfR) che ha raccolto una serie di informazioni sui casi di salmonella nel cioccolato.

Innanzitutto l’Istituto tedesco ricorda che la Salmonella, dopo i germi di Campylobacter, è la causa batterica più comune di malattie intestinali in Germania. Questa può nascondersi in diversi cibi:

Gli alimenti ad alto rischio sono in particolare la carne cruda o poco cotta e i prodotti che ne derivano, le uova non trattate termicamente e prodotti a base di uova e alimenti vegetali. Tuttavia, anche gli alimenti grassi come il cioccolato, che sono contaminati dalla salmonella, possono scatenare un’infezione.

In merito al cioccolato si specifica che:

Con il cioccolato, anche piccole quantità di germi possono essere sufficienti a causare una malattia.

Ciò avviene, spiegano gli esperti tedeschi, in quanto le salmonelle rimangono a lungo nel cioccolato protette dai grassi che contiene questo alimento. Una volta consumato il cioccolato contaminato, i batteri arrivano nello stomaco (caratterizzato da un ambiente acido) passando indenni fino all’intestino dove, ancora vivi, scatenano l’infezione.

Ma si tratta di un evento raro, sono davvero pochi i casi in cui la salmonella è stata rilevata nel cioccolato.

Il Bfr ricorda che, dal 2012 al 2019, le autorità competenti degli Stati federati tedeschi hanno esaminato circa 2500 campioni di prodotti contenenti cioccolato, per vedere se erano contaminati da salmonella. I risultati hanno mostrato che il batterio non era rilevabile in nessun prodotto.

Per trovare i pochi focolai di salmonella partiti da prodotti a base di cioccolato bisogna fare riferimento a pubblicazioni scientifiche. Per quanto riguarda la Germania, l’ultima contaminazione nel cioccolato si è verificata nel 2001, causata dalla Salmonella Oranienburg.

Le caratteristiche della salmonella nel cioccolato

Il problema del cioccolato sembra essere in particolare che, anche una carica molto bassa, può scatenare la malattia:

A seconda dell’età e dello stato di salute delle persone colpite, la dose minima infettiva di Salmonella può essere 10.000 – 1.000.000. Con il cioccolato, invece, anche una bassa conta batterica è sufficiente a scatenare la malattia.

E c’è un altro fattore importante:

La salmonella può sopravvivere nel cioccolato per diversi anni. A causa del basso contenuto di acqua del cioccolato e dell’effetto protettivo del grasso, ha un’elevata resistenza al calore.

Esistono quasi 2700 diversi sierotipi di Salmonella, alcuni sono più comuni nel cioccolato rispetto ad altri. Tra questi c’è proprio la Salmonella typhimurium, quella che ha contaminato i Kinder a partire dallo stabilimento belga della Ferrero.

Ma a che punto della produzione può essere avvenuta la contaminazione? In un precedente articolo abbiamo chiesto ad una tecnologa alimentare di formulare qualche ipotesi. Leggi anche: Salmonella nello stabilimento Kinder già a dicembre, ma come è stato possibile? Le ipotesi della tecnologa alimentare

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Fonte: BFR

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