Il mais ha raggiunto prezzi record dal 2012, a risentirne soprattutto gli allevamenti del nostro Paese che ora sono seriamente a rischio. Preoccupa anche la situazione del riso italiano, a causa dei costi energetici aumentati e della siccità, nel frattempo l'olio di girasole è quasi introvabile
C’è sempre più preoccupazione per la carenza di mais nel nostro Paese. Il prezzo di questo cereale ha raggiunto un vero e proprio record: 8 dollari per bushel (27,2 chili) che non toccava dal 2012. Ciò è dovuto alle difficoltà dei raccolti nei principali Paesi produttori, oltre che al blocco delle spedizioni come conseguenza del conflitto in corso.
Il problema è che l’Italia ne importa circa la metà del suo fabbisogno (47% per la precisione) e quindi l’aumento spropositato dei costi ricade in particolare sugli allevamenti che lo utilizzano per i mangimi.
Parliamo di oltre 6 milioni di tonnellate necessarie per gli animali che si trovano negli allevamenti italiani e che ora, considerando il nuovo record del mais nella Borsa merci di Chicago, sono seriamente a rischio.
A lanciare l’allarme su questa situazione è – ancora una volta – Coldiretti che sottolinea come neppure le semine primaverili nel nostro Paese, che riguardano soia (+16%), girasole (+5%) e mais solo in piccolissima percentuale (+1%), potranno far fronte a questo grave problema.
Come ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini:
L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni.
Ma questa forte dipendenza dal mais estero a quali rischi ci espone? I costi aumentati del 57% potrebbero costringere a chiudere una buona parte degli allevamenti in Italia, secondo i dati del Crea analizzati da Coldiretti.
Il problema dei prezzi aumentati, tra l’altro, non riguarda certo solo il mais ma anche alimenti fondamentali per la nutrizione umana come riso e grano.
Problemi anche con il riso
Per quanto riguarda il riso, ad esempio, la situazione è particolarmente preoccupante, considerando la gravissima siccità e l’aumento record dei costi di produzione. Come scrive Coldiretti:
All’esplosione dei costi energetici con impatti dal gasolio ai fertilizzanti, va aggiunta la preoccupazione per la grande siccità con i livelli di falda eccezionalmente bassi e il rischio di riduzioni estive della risorsa idrica superiori al 30% con i livelli del Po scesi a -3,38 metri al ponte della becca (pavia) più bassi che in piena estate e i grandi laghi semi vuoti con il Maggiore che è ad appena il 28% del suo riempimento e il Como a meno del 6%. La mancata disponibilità di acqua pesa nelle fasi inziali di sommersione con il 90% del riso italiano che si coltiva nel triangolo d’ora tra Pavia, Vercelli e Novara ma la coltivazione è presente in misura significativa anche in Veneto, Emilia Romagna e Sardegna.
Ma c’è anche un altro fattore da considerare:
la concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori.
E l’olio di girasole
Un altro prodotto che ha fortemente risentito delle conseguenze del conflitto russo-ucraino è l’olio di girasole, di cui vi abbiamo parlato più volte e ormai quasi introvabile nel nostro Paese. Una carenza che sta creando seri problemi all’industria alimentare che lo utilizza in un’enorme varietà di prodotti: dai biscotti alle creme spalmabili, dai sughi dal tonno. Leggi anche: L’olio di girasole sta per finire, ecco cosa succederà ai prodotti che lo contengono. La circolare del Mise
Con cosa verrà sostituito? Lo scopriremo presto, ma la cosa più probabile rimane il “ritorno” dell’olio di palma anche in quei prodotti in cui era stato sostituito negli ultimi anni. Leggi anche: Il ritorno dell’olio di palma: dai biscotti al tonno, rischiamo di trovarlo al posto dell’olio di semi di girasole
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Fonte: Coldiretti
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