Gli archeologi in Guatemala hanno scoperto la più antica prova del calendario Maya mai registrata: due frammenti murali che, una volta messi insieme, rivelano una notazione conosciuta come “7 cervi”. Ciò lo colloca almeno 1.000 anni prima degli altri calendari trovati nel Paese
Un glifo a forma di testa di cervo sotto due punti e una linea è la prima testimonianza di una notazione di calendario conosciuta nella cultura Maya e rinvenuta nel sito archeologico di San Bartolo, in Guatemala. Si tratta la testimonianza più antica, risalente a un periodo compreso tra il 300 e il 200 a.C., del calendario Maya di 260 giorni.
È quanto emerge dalla straordinaria scoperta pubblicata sulla rivista Science Advances fatta negli strati sottostanti la piramide di Las Pinturas a San Bartolo, a nord-est dell’antica città Maya di Tikal, da un gruppo di archeologi guidati da Università del Texas ad Austin e Skidmore College dello stato di New York.
Grazie a loro sono venuti alla luce due frammenti murali con il segno del giorno dei “7 Cervi” e un parziale testo geroglifico, su un totale di 249 frammenti di intonaco dipinto e blocchi di muratura dipinti raccolti durante gli scavi archeologici di Ixbalamque.
I due frammenti di “7 cervi” risalgono al 300 a.C. e 200 a.C., una data che indica che questo calendario divinatorio Maya, utilizzato anche da altre culture precolombiane in Mesoamerica, come gli Aztechi, è in uso da almeno 2.300 anni.
È l’unico calendario che sopravvive a tutte le conquiste e alla guerra civile in Guatemala, l’ultima delle quali è stata condotta dal 1960 al 1996, spiega il primo autore David Stuart dell’Università del Texas ad Austin.
I Maya avevano quattro calendari, poiché erano molto interessati al tempo, dice Stuart. Avevano modi molto elaborati ed eleganti di tracciare il tempo.
Uno è il calendario sacro della divinazione, o Tzolk’in, da cui ha origine questa notazione “7 Cervi”. Questo calendario ha 260 giorni composti da una combinazione di 13 numeri e 20 giorni che hanno segni diversi (come il cervo). Non è chiaro il motivo per cui i Maya abbiano scelto 260 giorni per questo ciclo, ma un’idea è che sia più o meno il tempo di gestazione di un feto umano.
Oggi, il ciclo di 260 giorni del calendario Tzolk’in viene utilizzato per la predizione e per la tenuta dei registri cerimoniali, ha detto Stuart.
Gli altri calendari Maya sono l’Haab’, un calendario solare che dura 365 giorni ma non tiene conto di un anno bisestile; un calendario lunare e il calendario del Lungo Computo, che tiene traccia dei principali cicli temporali e che causò non poche preoccupazioni quando in parecchi (erroneamente) pensarono che stesse predicendo la fine del mondo nel 2012.
La persistenza di questo calendario fino ai giorni nostri sottolinea la sua importanza nella vita religiosa e sociale – concludono gli autori dello studio. La nostra capacità di far risalire il suo primo utilizzo a circa 23 secoli fa è un’altra testimonianza del suo significato storico e culturale.
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Fonte: Science Advances
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