Ketanji Brown Jackson è la prima donna afroamericana a diventare giudice della Corte Suprema USA dal 1790 a oggi

Proposta dal Presidente Joe Biden, è stata eletta con 53 voti favorevoli e 47 contrati portando dalla sua parte anche dei repubblicani. È stata scritta una nuova pagina della storia americana e femminile

Sotto lo sguardo del Presidente Joe Biden ha ascoltato le parole pronunciate della Vice Presidente Kamala Harris, la prima a ricoprire questo ruolo, che ha sancito un’altra prima volta nella storia americana: quella della nomina di Ketanji Brown Jackson alla Corte Suprema statunitense come Associate Justice.

Proposta dal Presidente Joe Biden

La sua nomina era stata annunciata dal Presidente Joe Biden a seguito dell’annuncio del pensionamento di Stephen Breyer. All’epoca la nomina era stata approvata con 13 voti favorevoli e 9 contrari dalla commissione Giustizia del Senato.

Dal mese di marzo si sono svolte le audizioni, sempre al Senato, che si sono concluse quasi sul filo di lana: per 6 voti, tra i quali quello dei repubblicani Lisa Murkowski e Mitt Romney, la Jackson potrà sedere alla Corte Suprema e esprimersi con il suo voto sulle materie più controverse che richiedono l’intervento collegiale dell’istituto.

Sarà la prima afroamericana a sedere su questo scranno dal 1790 a oggi, la prima con esperienza come avvocato difensore penale dai tempi di Thurgood Marshall, nel 1967, la seconda più giovane, la quarta nella compagine e la sesta a essere nominata nella storia della Corte.

Chi è Ketanji Brown Jackson

Nata a Washington nel 1970 e cresciuta a Miami da genitori insegnanti, che avevano frequentato scuole solo per neri, si è subito distinta per la serietà negli studi e la tenacia tanto da diventare “sindaco” della scuola media di Palmetto e poi presidente del corpo studentesco della Miami Palmetto Senior High School.

Nonostante fosse stata scoraggiata dal consulente scolastico nell’intraprendere la carriera di avvocato ha proseguito per la sua strada: si è laureata con lode sia a Harvard che alla Harvard Law School. Oggi fa parte dell’organo direttivo del prestigioso ateneo.

Ha lavorato molti anni come avvocato d’ufficio, ha poi ricoperto la carica di giudice prima in un tribunale distrettuale federale per otto anni e poi presso la Corte di appello federale di Washington D.C.

Una relazione complicata con Trump

Nel 2018 si è pronunciata in favore dei sindacati federali dei dipendenti che contestavano diversi ordini esecutivi limitativi dei diritti di contrattazione collettiva. Nel 2019 era salita alla ribalta per la frase “I Presidenti non sono re” in occasione della sentenza che ha respinto il tentativo di Trump di impedire a Don McGahn, suo ex consigliere della Casa Bianca, di testimoniare davanti al Congresso.

C’è però chi le contesta di essersi espressa a favore del Dipartimento per la sicurezza interna, durante l’amministrazione Trump, contro i gruppi ambientalisti nel consentire l’ampliamento del muro lungo il confine con il Messico.

La giudice Jackson è stata definita una delle menti legali più brillanti della nazione con un’esperienza inconsueta che è un punto di forza per offrire una prospettiva nuova. L’altro punto a favore è l’età che la porterà a occupare quel posto per molto tempo.

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Fonte: Casa Bianca/ Corte Suprema

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