Niente più allevamenti di visoni in Irlanda, il divieto storico è praticamente legge. E in Italia?

L’allevamento di animali da pelliccia sarà definitivamente vietato in Irlanda. Il progetto di legge che porrà fine a questa pratica disumana ha infatti completato tutte le fasi di approvazione in Parlamento. Intanto in Italia resta ancora da capire che fine faranno 6mila visoni

Sono circa 120mila racchiusi nelle tre fattorie rimanenti d’Irlanda i visoni che verranno presto liberati. Gli allevamenti di animali da pelliccia in Irlanda hanno infatti vita breve, dal momento che è passato favorevolmente al Seanad (la camera alta dell’Oireachtas – Parlamento – della Repubblica d’Irlanda) il disegno di legge per vietare la pratica, superando il dibattito nella fase finale.

Il disegno di legge ora va al presidente Michael D Higgins e, se firmato, diventerà legge.

Nello specifico, la legge vieterà la riproduzione e l’allevamento di animali esclusivamente per la vendita o la fabbricazione di prodotti di pelle o pelliccia, revoca le licenze di allevamento di pellicce già esistenti e dà un risarcimento per la chiusura dei tre allevamenti di pellicce operanti nello Stato, che si trovano ancora nelle contee di Laois, Kerry e Donegal.

Quello degli allevamenti di animali da pelliccia è stato a lungo una questione controversa in Irlanda. Nel corso degli anni, alcuni attivisti sono andati nelle fattorie per liberare i visoni dalle loro gabbie, dove sono riusciti a rilasciare fino a 5.000 visoni, molti dei quali fuggiti in natura. Tutte azioni supportate, per quasi 20 anni, da alcuni gruppi di partito.

E intanto in Italia che fine faranno 6mila visoni? 

Qui da noi la Commissione Bilancio del Senato ha approvato a dicembre scorso l’emendamento che ha messo al bando tutti gli allevamenti di pellicce a partire dal 1° gennaio 2022. Ciò significa che entro il 30 giugno gli ultimi 5 allevamenti di visoni dovranno essere smantellati.

Ma c’è un ma: alla luce del mancato decreto che il Ministro dell’agricoltura doveva emanare entro il 31 gennaio per regolamentare la cessione degli animali, sarà impossibile salvare i visoni che, per le particolari esigenze etologiche, hanno bisogno di strutture idonee che attualmente non esistono.

Si contano circa 6mila visoni riproduttori rimasti rinchiusi nelle gabbie degli ultimi 5 allevamenti italiani di pellicce e che non possono essere utilizzati per ricavare altre pellicce, così come non possono essere uccisi.

Il divieto introdotto con Legge di bilancio 2022 ha indicato una possibile sorte ben più felice per questi animali sfruttati per anni dall’industria “della pelliccia”: il trasferimento presso centri di tutela della fauna selvatica. Ma, nonostante siano trascorsi già due mesi e mezzo dall’approvazione della Legge, il Decreto che il Ministro dell’agricoltura avrebbe dovuto emanare entro il 31 gennaio, proprio per regolamentare questa delicata operazione di salvataggio, non è ancora stato scritto.

Gli allevatori sono autorizzati a detenere i visoni (senza sfruttarli per la produzione di pellicce) fino al 30 giugno 2022, data entro la quale questi allevamenti devono essere smantellati. Dunque quale sarà dunque la sorte dei 6mila visoni?

Questi animali non possono essere uccisi semplicemente perché bisogna svuotare le gabbie (l’uccisione di animali è sanzionata dall’art. 544-bis del Codice Penale), così come l’abbattimento non può avvenire come misura sanitaria anti-Covid19 in assenza di un conclamato focolaio in allevamento, dicono dalla LAV.

La legge di bilancio 2022 (Legge n.234 del 30 dicembre 2021, art.1 commi 980-984) dispone che entro il 31 gennaio il Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con il Ministro della Salute e Ministro della Transizione Ecologica, con specifico Decreto, individua non solo i criteri e le modalità di indennizzo degli allevatori, ma anche la regolazione della “eventuale cessione degli animali e detenzione, con obbligo di sterilizzazione, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute”.

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Fonti: Green Party / LAV

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