Quel +69% per diabete gestazionale nella zona rossa è un marchio a fuoco che fa male. Sono numeri difficili da digerire quelli esposti all’udienza dello scorso 23 marzo al tribunale di Vicenza dove si sta svolgendo il processo a carico di 15 ex manager di Miteni, Mitsubishi e ICIG
Numeri impressionanti emergono dal processo Miteni, uno dopo l’altro scandagliano un doloroso quadro, quello della mortalità nella zona a elevata esposizione da PFAS in Veneto. La valutazione portata in aula ha preso in esame gli anni dal 2007 al 2014 e ha rilevato +21% di cardiopatia ischemica nei maschi, +19% nelle femmine, +25% di diabete mellito nelle femmine, +19% di malattie cerebrovascolari nei maschi.
E non solo: sconcertanti sono i dati sulle gravidanze, con un più 69% per diabete gestazionale, più 49% di pre-eclampsia e il 30% in più dei bambini con basso peso alla nascita. Ci sono poi i dati sulla prevalenza di malattie che vedono ancora una volta gli abitanti della “zona rossa” maggiormente colpiti da ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, diabete mellito, dislipidemie e malattie tiroidee.
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Ad oggi, inoltre, i dati dei pochi bambini che hanno effettuato il primo round previsto dal Piano di Sorveglianza Sanitaria mostrano un colesterolo oltre i livelli normali nel 13-14% dei casi.
Certamente il Covid ha rallentato il cronoprogramma, ma l’impressione è che invece di terminare il primo round di Screening (come previsto dal DGR 21 Maggio 2018), la Regione Veneto stia dando precedenza al secondo round di analisi perché i dati sono certamente incoraggianti e segnalano una buona diminuzione dei valori sierici di tali sostanze. I filtri, ma anche e soprattutto un cambio repentino dello stile di vita degli abitanti della zona rossa, stanno dando dei risultati. Ma possiamo stare tranquilli con queste concentrazioni sieriche, soprattutto alla luce dei dati di mortalità sopra riportati?, si chiedono le Mamme NoPFAS.
Ma c’è un ma: in udienza si è parlato diverse volte di correlazione, mai di relazione causa-effetto, tra l’esposizione ai PFAS e quelle malattie. Manca infatti un importante tassello: lo studio epidemiologico deliberato nel 2016. Nonostante le richieste della Commissione Ecomafie, la Regione Veneto non ha mai chiarito i motivi per i quali lo studio non è mai partito e in aula nessuno ne ha fatto cenno.
Noi invece continuiamo a chiederlo con forza, certi che fornirà un contributo fondamentale a questo processo, chiarendo in modo inequivocabile la responsabilità delle persone che hanno causato questo enorme disastro.
Infine, a seguito delle audizioni svoltesi in Commissione Ambiente del Senato, in merito al Disegno di Legge 2392 riguardo l’introduzione di limiti di legge nazionali sulla presenza di PFAS nelle acque potabili e nelle acque di scarico, le Mamme NO PFAS e Greenpeace hanno chiesto:
al Governo e al Parlamento di avere coraggio e adottare limiti zero per la presenza di tutti i PFAS non solo nelle acque destinate al consumo umano, ma anche negli scarichi industriali: si tratta dell’unico valore che permette di garantire il diritto a vivere in un ambiente pulito e non contaminato. L’Italia, teatro della più vasta contaminazione avvenuta in Europa, che ha colpito tre province della Regione Veneto, ha bisogno di una moratoria urgente sui PFAS, che non solo ne azzeri la presenza nelle acque reflue, ma che introduca anche il divieto di produzione e utilizzo in tutti i settori industriali. Il nostro Paese ha la possibilità di fare la storia e, con un provvedimento realmente ambizioso, anteporre i diritti di tutte le persone al profitto di pochi. È arrivato il momento di agire con urgenza e senza compromessi al ribasso.
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Fonte: Mamme NoPfas
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