Un'indagine indipendente condotta nelle acque europee ipotizza che gli sversamenti illegali dei mercantili potrebbero essere molti più di quanto finora immaginato: sono ben tremila all'anno
Ogni anno, in Europa, si verificano fino a 3mila sversamenti illegali di petrolio da parte di navi mercantili che navigano nelle acque del continente. È il cosiddetto scarico a mare per pompa di sentina, un fenomeno nascosto di proporzioni ben più gravi di quelle finora immaginate.
È quanto emerge da un report dell’associazione europea senza scopo di lucro Lighthouse Reports, che per sei mesi ha tenuto d’occhio le acque del continente e la loro salute grazie ai satelliti, ma anche alle testimonianze di informatori sulle coste, e ha documentato centinaia di fuoriuscite di petrolio illegali e pericolose dalle navi in transito.
L’acqua di sentina è una miscela di liquidi provenienti dalla sala macchine delle navi ed è costituita da sostanze chimiche tossiche (fra cui lubrificanti per i motori), ma anche da solventi usati per la pulizia, metalli e semimetalli come piombo e arsenico.
Questo mix, prima di finire in mare, dovrebbe essere opportunamente trattato per rimuovere gli agenti inquinanti o trasportato fino al porto per la bonifica, ma ciò raramente viene fatto poiché si tratta di processi molto costosi: meglio sversare l’acqua di sentina direttamente nell’oceano, a danno degli ecosistemi marini e della biodiversità.
Potrebbe sembrare un fenomeno privo di regolamentazioni ad hoc, e invece una normativa che monitora gli sversamenti di sostanze tossiche nelle acque europee esiste: l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima (EMSA) ha lanciato nel 2007 un piano di monitoraggio satellitare per il controllo delle acque del continente e per rilevare eventuali sversamenti tossici ed illegali.
Purtroppo però, malgrado la presenza dei satelliti e del programma di monitoraggio, il fenomeno dello sversamento dell’acqua di sentina continua indisturbato – e questo perché le amministrazioni nazionali nei vari Paesi comunitari sono lente o non interessate a prendere provvedimenti nei confronti degli armatori.
Quando il sistema identifica una fuoriuscita sospetta, invia una comunicazione al Paese UE interessato affinché si accerti dell’effettiva illegalità dello sversamento e corra ai ripari, ma i livelli di azione dei Paesi coinvolti sono molto bassi: si pensi che, solo nel 2020, l’Agenzia ha segnalato 7.672 rilevamenti sospetti, ma solo un terzo delle segnalazioni ha creato il presupposto per un’indagine a livello locale.
Talvolta la risposta del Paese interessato, se c’è, è lenta ad arrivare – con il rischio che la segnalazione finisca con un nulla di fatto. Infatti, più tempo passa fra la segnalazione di EMSA e il controllo nazionale, maggiori sono le possibilità che i Paesi segnalino “nulla da osservare”. La miscela tossica, con il passare delle ore, finisce per disperdersi nell’acqua e far sparire le proprie tracce.
L’associazione ambientalista SkyTruth ha utilizzato i dati raccolti da EMSA per creare una stima delle fuoriuscite che sfuggono ai satelliti ed è giunto alla conclusione che potrebbero esserci quasi 3.000 chiazze di petrolio ogni anno causate dalle navi che transitano nelle acque dell’UE. Ciò è dovuto al fatto che i satelliti lasciano scoperte delle zone di mare, che sfuggono così ai rilevamenti.
Dall’altra parte, le navi e gli armatori hanno sviluppato tecniche efficaci per evitare di essere “beccate” durante gli sversamenti illegali – per esempio, scaricare solo in caso di mare agitato o di notte, due condizioni che rendono molto difficile il rilevamento satellitare delle chiazze oleose in mare.
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Fonti: The Guardian / Lighthouse Reports
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