Secondo la FAO a sfamare il mondo sono le grandi aziende agricole ma le associazioni non ci stanno, sono i contadini a produrre più cibo
Secondo un report della Fao, i piccoli agricoltori nelle loro fattorie “a conduzione familiare” producono circa un terzo del cibo mondiale mentre ben il 70% dei terreni agricoli sono gestiti dall’1% delle aziende più grandi e ricche. Alcune associazioni, però, contestano questi risultati ricordando invece che sono ancora i piccoli coltivatori a sfamare il mondo.
Il rapporto FAO “Which farms feed the world and has farmland become more concentrated?” si concentra sul contributo all’alimentazione mondiale degli agricoltori che utilizzano terreni di meno di due ettari.
Secondo i dati del report, cinque fattorie su sei nel mondo possiedono meno di due ettari, gestiscono solo il 12% circa di tutta la terra agricola e producono circa il 35% del cibo mondiale. Solo più o meno un terzo, quindi, rispetto a quanto prodotto da chi invece possiede terreni ben più estesi.
Come specifica la FAO:
I contributi dei piccoli proprietari all’approvvigionamento alimentare variano enormemente tra i paesi, con una quota che arriva all’80% in Cina e una cifra bassa per Brasile e Nigeria. (…) Nel frattempo, l’1% delle fattorie più grandi del mondo – più di 50 ettari – gestisce più del 70% dei terreni agricoli del mondo, con quasi il 40 per cento dei terreni agricoli che si trovano in fattorie più grandi di 1000 ettari.
Perché conoscere le dimensioni delle fattorie è così importante? Tali indicazioni sono fondamentali per le organizzazioni internazionali e i responsabili politici che mirano a sviluppare politiche e investimenti pubblici per sostenere l’agricoltura familiare, aumentare la produttività dei piccoli coltivatori e migliorare i mezzi di sussistenza rurali.
La replica delle organizzazioni che si occupano di agricoltura e sovranità alimentare
Hanno replicato in merito alle conclusioni del report della FAO, 8 organizzazioni che si occupano di sostenibilità, agricoltura e sovranità alimentare, secondo cui sono invece proprio i piccoli produttori a sfamare il mondo.
In una lettera inviata alla direzione generale della Fao nei giorni scorsi, alcune associazioni (Grain, A Growing Culture, Alliance for Food Sovereignty in Africa, ETC Group, Groundswell International, Landworkers Alliance, The Oakland Institute, Institute for Agricolture and Trade Policy) contestano i risultati del report, sottolineando che non sono state tenute in considerazione le ricerche più recenti sull’argomento.
Secondo le associazioni, la situazione sarebbe esattamente al contrario: sono i piccoli produttori ad essere la fonte principale del nutrimento di circa due terzi della popolazione mondiale. La lettera aperta invita dunque la FAO a esaminare la sua metodologia, chiarirsi e riaffermare che i contadini non solo forniscono più cibo con meno risorse, ma sono la fonte primaria di nutrimento per almeno il 70% della popolazione mondiale.
Le coltivazioni delle grandi aziende, invece, realizzano prevalentemente mangimi per allevamenti e biocarburanti. Scrivono infatti le organizzazioni:
C’è una chiara conclusione: le grandi aziende agricole non nutrono il mondo ma riempiono le tasche di chi investe e commercia materie prime, alimenta mucche e automobili e l’industria del cibo spazzatura.
Tra l’altro, come riconosce la stessa Fao, la ricerca condotta ha alcune limitazioni:
Sebbene la nuova ricerca – e ricchi set di dati pubblicamente accessibili – offra le informazioni più complete oggi disponibili, è ostacolata da dati irregolari e spesso antichi.
Stime approssimative che potrebbero essere migliorate con maggiori dati a livello nazionale su produzione, dimensioni dell’azienda agricola, tipi di merci, modalità di impiego prevalenti, nonché dati sul reddito e sulle residenze dei proprietari. Inoltre, come affermano gli stessi autori del report, le informazioni sulla produzione per dimensione dell’azienda agricola sono attualmente disponibili solo per pochissimi paesi.
Un dato di fatto però rimane tale: la maggior parte dei terreni agricoli nel mondo vengono sfruttati da grandi aziende, a discapito dei coltivatori locali.
Fonte: Fao / Grain / Altreconomia
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