Secondo una nuova ricerca le placche che si formano nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer potrebbero essere causate da disturbi del ritmo circadiano.
Un nuovo studio ha scoperto che le placche proteiche associate al morbo di Alzheimer possono accumularsi nel cervello se il sonno viene interrotto, perché questo colpisce le cellule che normalmente le distruggono. Il sistema immunitario può rimuovere le placche proteiche nel cervello associate al morbo di Alzheimer, e questo meccanismo potrebbe essere influenzato dalla perdita di sonno.
Il ritmo circadiano è una sorta di “orologio interno”, che controlla il sonno e una vasta gamma di altri processi corporei in un ciclo di circa 24 ore. I medici hanno da tempo osservato che le persone con malattia di Alzheimer hanno disturbi del sonno e interruzione del ritmo circadiano, ma non è chiaro in che misura questa interruzione possa essere una causa della condizione stessa. (Leggi anche: Scienziati scoprono una forma rara e aggressiva di Alzheimer, che inizia intorno ai 40 anni)
Lo studio
Un team di ricerca ha scoperto un possibile meccanismo attraverso il quale le placche di amiloide-beta, che si trovano in gran numero nel cervello delle persone con Alzheimer, potrebbero essere correlate al sonno. I ricercatori pensano che le placche vengano rimosse dai macrofagi, cellule immunitarie che distruggono il materiale estraneo, secondo i ritmi quotidiani del corpo.
Sono giunti a questa conclusione dopo diversi anni di studi e ricerche sulle placche di amiloide-beta. Gli scienziati hanno anche identificato una classe di proteine legate al ritmo circadiano, chiamate eparan solfati, che potrebbero segnalare ai macrofagi quando eliminare le placche; queste proteine controllano molti processi, ma sono tipicamente associate all’infiammazione.
La comprensione dei tempi e dei meccanismi del processo di eliminazione delle placche, potrebbe portare a nuovi trattamenti per alcuni dei sintomi del morbo di Alzheimer. L’accumulo di placche di amiloide-beta aumenta e diminuisce nei cervelli sani, ma questa oscillazione può interrompersi quando le persone invecchiano, portando alla formazione di più placche.
Una domanda spinosa nel campo della ricerca sull’Alzheimer è se le placche di amiloide-beta siano una causa o un sintomo della malattia. Alcuni trattamenti che le eliminano, infatti, non sembrano alleviare i sintomi della malattia, il che ha lasciato perplessi i ricercatori, i quali sostengono che la loro scoperta potrebbe avere implicazioni a prescindere, poiché i macrofagi rimuovono anche altre proteine associate all’Alzheimer, come le fibre tau contorte.
Qualunque sia il ruolo esatto delle placche di amiloide-beta nella malattia, il loro accumulo è un fattore di rischio per l’Alzheimer. Quindi, questa ricerca sottolinea l’importante ruolo dei ritmi circadiani, e quanto sia fondamentale il sonno e riuscire a riposare bene.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonte: Plos Genetics
Sull’Alzheimer ti potrebbe interessare:
- Cannabis: scoperto nuovo effetto benefico per le cellule cerebrali che potrebbe aiutare a curare l’Alzheimer
- Demenza: questa dieta può ridurre il rischio di Alzheimer di oltre il 50% secondo uno studio
- Alzheimer: e se fosse tutta questione di produzione di energia?
- Così la vitamina B12 potrebbe contrastare lo sviluppo dell’Alzheimer secondo questo nuovo studio
- Scoperto cos’hanno di diverso nel cervello le persone con mutazione del gene dell’Alzheimer
- Studio rivela che un importante e sorprendente aiuto per chi soffre di Alzheimer può venire dal basilico
- Alzheimer: la demenza si potrà diagnosticare con un esame del sangue, la rivoluzionaria scoperta
- Alzheimer: se soffri di herpes potresti avere maggiori probabilità di soffrire di queste malattie neurodegenerative
- Effetto Mozart: la musica è una “cura” efficace per i pazienti affetti da Alzheimer, lo studio