“Verità per Giulio Regeni”: sei anni senza risposte e senza giustizia, ma non ci arrenderemo

A sei anni dal ritrovamento in Egitto del corpo martoriato di Giulio Regeni, la famiglia del ricercatore e tutta l'Italia chiedono verità e giustizia

Sono già trascorsi 6 lunghi anni dal ritrovamento del corpo senza vita di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano rapito, torturato e ammazzato in Egitto. Sei anni di dolore implacabile, di reticenze e di domande senza risposte. Ma la famiglia di Giulio non ha intenzione di arrendersi e continua a chiedere a gran voce che sia fatta giustizia. E insieme ai genitori c’è tutta l’Italia a sostenere questa lotta. Nelle piazze del Paese si moltiplicano gli striscioni gialli che gridano “Verità per Giulio Regeni”.

Quel giallo adesso è diventato sinonimo di battaglia, ma anche di solidarietà per una famiglia straziata dal dolore. Cittadini, studenti, insegnanti, attivisti e politici si uniscono alla lotta indossando braccialetti gialli, spille e dedicando panchine e targhe a Giulio. Gesti semplici ma che accendono i riflettori su una vicenda assurda e dolorosa, che non può restare impunita.

A Torino, sul balcone di Palazzo dal Pozzo della Cisterna, è già estato esposto lo striscione di Amnesty International.

Anche la Città Metropolitana di Torino vuole unirsi a questa richiesta esponendo lo striscione giallo che campeggia ormai su centinaia di edifici in tutta Italia. – spiega il vicesindaco di Torino Jacopo Suppo – Per chiedere giustizia, verità e per ricordare Giulio e il suo straordinario impegno a favore di un mondo più equo, libero e giusto.

All’appello si unisce anche la città di Genova. Qui alle 17 di questo pomeriggio sarà esposto l’iconico striscione su Palazzo Ducale, nel cuore della città.

Il rapimento e la morte di Giulio Regeni

Il ricercatore triestino fu rapito mentre si trovava in Egitto per conseguire il dottorato di ricerca presso il Girton College dell’Università di Cambridge. Stava svolgendo una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l’Università Americana del Cairo e in alcuni articoli aveva descritto la complicata situazione che interessava i sindacati a seguito della rivoluzione egiziana del 2011.

Gli ultimi contatti di Giulio risalgono alla sera del 25 gennaio 2016. A sentirlo via SMS fu la sua fidanzata, al quale il giovane aveva detto che stava per uscire. Da quel momento il nulla. Il corpo nudo e con evidenti segni di tortura fu ritrovato soltanto il 3 febbraio 2016, in un fosso lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria, alla periferia del Cairo, nella periferia del Cairo.

Sulla sua morte, però, restano tante ombre per via di depistaggi e menzogne da parte del governo egiziano. Fin dal 2016 anche Amnesty International sta portando avanti una battaglia per fare luce sul caso e, come la famiglia di Giulio, non ha intenzione di fermarsi.

L’11 aprile si terrà una nuova udienza sul processo Regeni. E il Gup di Roma dovrà svolgere nuove indagini sugli imputati egiziani ancora irreperibili, mentre i carabinieri del Ros avranno altro tempo per verificare i luoghi di residenza e di lavoro degli agenti dei Servizi egiziani imputati nel procedimento.

Ci auguriamo che finalmente l’atroce morte di Giulio abbia finalmente giustizia.

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