La promozione del Made in Italy passa anche per un rito identitario. La risposta ufficiale arriverà in primavera
Il Ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali ha ufficialmente presentato la candidatura del rito del caffè espresso italiano a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco. Un’abitudine, che ha valicato per fama e abitudini i nostri confini, un momento di socialità le cui radici affondano nella storia del nostro Paese.
Attorno a questa candidatura, si era acceso un acceso dibattito, anche a suon di dirette Facebook istituzionali: proporre la versione napoletana o quella triestina? Alla fine ha prevalso la candidatura del caffè espresso italiano, un vero e proprio marchio del Made in Italy che viene declinato da proposte regionali che riescono comunque a esaltarne aroma e persistenza.
Il dossier è stato preparato da un apposito gruppo di lavoro e consegnato alla Commissione Nazionale dell’Unesco che entro il mese di marzo dovrà sottoporre all’organizzazione internazionale con sede a Parigi questa candidatura che coniuga cultura, storia, tradizione.
Nella categoria “patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco” sono presenti, tra gli altri, l’Opera dei Pupi siciliani, il canto a tenore sardo, la dieta mediterranea, l’arte del pizzaiolo napoletano.
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