Il MITE prova a stringere sugli impianti fotovoltaici ed eolici per salvare la nostra biodiversità

Se gestita male, la risorsa rappresentata dagli impianti rinnovabili può trasformarsi in una minaccia per gli ecosistemi

Se gestita male, la risorsa rappresentata dagli impianti rinnovabili può trasformarsi in una minaccia per gli ecosistemi e in un depauperamento dell’ambiente

In un’intervista al settimanale L’Espresso, il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha annunciato la prossima adozione di norme più stringenti che regoleranno l’affitto o l’acquisto di terreni un tempo agricoli per l’istallazione di pannelli solari da parte di grandi aziende: i coltivatori, troppo spesso fiaccati dai costi di manutenzione dei campi e dai devastanti effetti della crisi climatica sulle colture, finiscono per cedere alle lusinghe pecuniarie delle aziende energetiche, lanciatesi in una forsennata corsa all’oro alla ricerca di un “posto al sole” in cui creare parchi fotovoltaici. Ecco quindi che lo zelo mostrato dalle imprese di energie alternative rischia di trasformarsi in un impoverimento ambientale e agricolo senza precedenti.

Non è solo la ricerca dell’energia solare a rappresentare un problema ambientale, malgrado la sostenibilità della fonte energetica: anche il comparto dell’eolico può rappresentare una minaccia che incombe sul settore dell’agricoltura, se gestito male. Questo perché attualmente non esistono regole chiare che limitino lo sviluppo selvaggio di impianti eolici o fotovoltaici e che tutelino gli ecosistemi naturali con l’individuazione di superfici idonee e non idonee all’installazione di impianti elettrici a fonti rinnovabili: in pratica, i colossi delle rinnovabili possono dare vita a parchi eolici o a distese di pannelli fotovoltaici praticamente ovunque, senza tenere conto dell’impatto che questi impianti possono avere sull’ambiente – perché, benché si tratti di impianti per la produzione di energia “pulita”, si tratta comunque di infrastrutture altamente impattanti.

Come ha denunciato anche l’associazione ambientalista Italia Nostra, non mancano nel nostro Paese esempi degli scempi ambientali connessi ad un’installazione scriteriata degli impianti per la produzione di energia pulita: le campagne della Tuscia nel viterbese, scrigno di siti archeologici etruschi e di biodiversità, sono ormai compromesse irreparabilmente da vaste estensioni di pannelli fotovoltaici; affacciandosi sulla Capitanata dal Castello di Lucera, costruito da Federico II e da Carlo I d’Angiò, l’orizzonte è punteggiato di torri eoliche.

(Leggi anche: Eolico offshore: (forse) non è così rischioso per gli uccelli marini, lo studio)

Sarebbe sbagliato demonizzare l’uso delle fonti energetiche rinnovabili, che rappresentano comunque l’unica alternativa sostenibile all’uso dei combustibili fossili, solo perché esistono esempi di gestione negativa di questa opportunità. Oltre all’introduzione di limiti e restrizioni territoriali, come promesso dal ministro Cingolani, si possono sfruttare ex aree industriali o i territori dismessi delle nostre periferie per posizionare i pannelli solari, in modo da non depauperare gli ecosistemi naturali e da tutelare la biodiversità. In alternativa, natura e impianti fotovoltaici possono convivere in parchi solari in cui la flora locale viene conservata (fornendo, tra l’altro, un habitat ideale per la proliferazione di insetti impollinatori), come vi abbiamo spiegato in questo articolo. Infine, sarebbe auspicabile investire nella ricerca di nuove tecnologie che siano meno impattanti possibili, in modo che gli impianti rinnovabili del prossimo futuro possano coesistere senza danneggiare la natura e la biodiversità, particolarmente ricca nel nostro Paese.

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Fonti: L’Espresso / Italia Nostra

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