Sostituire parole con icone nella messagistica istantanea può farci risparmiare tempo quando scriviamo, ma non quando leggiamo: la nostra mente, infatti, è rallentata dalla presenza delle emoji
Le usiamo sempre, nelle mail informali o nella messaggistica istantanea, per esprimere meglio di tante parole il nostro stato d’animo, per manifestare sorpresa, stupore o sdegno di fronte a una notizia, per reagire a una foto o a un altro tipo di contenuto. Sono le emoji e, se sono così diffuse, è proprio grazie all’immediatezza con cui riusciamo a comprenderle al volo, senza starci a pensare troppo. Una volta ci voleva un po’ di fantasia per immaginarle, poiché erano fatte unicamente da ciò che era già presente sulla tastiera del PC o del cellulare – punti, virgole, lettere e numeri. Oggi invece sono vere e proprie faccine disegnate che rappresentano tutte le sfumature dell’umore umano – ce n’è davvero una per ogni necessità.
Tuttavia, un nuovo studio suggerisce che la maggior parte delle persone può facilmente decodificare il messaggio contenuto in una emoji solo se nella propria mente ha una parola che le corrisponda in modo preciso (per esempio, una emoji di automobile che corrisponde alla parola “automobile”). Se si tratta di emoji non corrispondenti ad un unico concetto, come è il caso delle faccine che esprimono stati d’animo, la nostra mente impiega fino al 50% del tempo in più per comprenderle.
La differenza nell’interpretazione potrebbe derivare dal fatto che il nostro cervello “vede” l’emoji come un’immagine, e non come una parola, e pertanto ha bisogno di più tempo per convertirla in un concetto: in primo luogo, il nostro cervello riconosce l’immagine che ha davanti agli occhi, e solo in un secondo momento abbina l’immagine ad una parola. Potrebbe sembrare una cosa ovvia ma, sorprendentemente, pochi sono stati finora gli studi relativi al modo in cui interpretiamo le emoji, se come immagini o come parole – soprattutto se le usiamo in luogo del linguaggio scritto (come avviene sui social o nelle chat).
(Leggi anche: “Ma che dici?”: il divertente gesto italiano diventa un emoji)
Per comprendere meglio come il cervello “legga” le frasi contenenti emoji, un team di ricercatori in Germania ha condotto uno studio online, coinvolgendo 53 madrelingua tedeschi. Durante l’esperimento, ai partecipanti è stata fatta vedere sullo schermo una frase, una parola per volta: dopo aver finito di leggere una parola, il lettore doveva premere un tasto sulla tastiera per generare la parola successiva. In alcune delle frasi, una parola è stata sostituita da un’emoji. Misurando il tempo di lettura di ogni parola, i ricercatori hanno valutato che le persone necessitavano di circa 350 millisecondi in più per leggere frasi contenenti emoji rispetto a quelle che non ne contenevano.
Ancor più sorprendente, quando una parola era sostituita con un’icona indicante un altro oggetto dalla pronuncia simile o identica (per esempio l’icona di una palma a rappresentare il palmo della mano o l’icona di un topo a rappresentare il mouse del PC), sono stati necessari circa 900 millisecondi in più per leggere la frase e comprenderla – questo perché l’omofonia fra il concetto espresso dall’icona e quello necessario al senso della frase crea confusione nella mente.
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Fonte: Computers in Human Behavior
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