I dati raccolti dalle Nazioni Unite lanciano un nuovo ultimatum alle nazioni partecipanti alla Cop26 per agire subito
I dati raccolti dalle Nazioni Unite lanciano un nuovo ultimatum alle nazioni partecipanti alla Cop26 affinché si inverta la rotta il prima possibile
Nella nostra atmosfera, la concentrazione di diossido di carbonio è ora il 50% più alta rispetto ai livelli pre-industriali, e nello scorso anno ha stabilito un nuovo record, malgrado lockdown e misure restrittive dovute alla pandemia da Coronavirus. È quanto emerge da un nuovo report dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
I dati raccolti dimostrano che la crisi climatica continua a peggiorare e lanciano un disperato ultimatum alle nazioni che stanno per incontrarsi al summit Cop26 che si terrà a Glasgow la prossima settimana: secondo il capo della World Metereological Organisation (WMO), Petteri Taalas, la situazione è ormai fuori controllo:
Mantenendo l’attuale velocità nell’aumento di concentrazioni di gas serra, entro la fine del secolo assisteremo a un aumento delle temperature globali ben superiore agli obiettivi concordati negli Accordi di Parigi (1,5°-2°C). Inoltre, l’aumento dei gas serra ha gravi ripercussioni negative sulle nostre vite e sul nostro benessere, nonché sul futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Speriamo che la Cop26 dia avvio a un nuovo tipo di impegno: abbiamo bisogno di trasformare le buone intenzioni in azioni concrete che abbiano davvero impatto sui gas serra, dobbiamo ripensare il nostro sistema di trasporti, il mondo dell’industria, la nostra intera vita – i cambiamenti necessari sono economicamente affrontabili e tecnicamente possibili. Non c’è più tempo da perdere.
La combustione di carbone, petrolio e gas rappresenta la più massiccia fonte di CO2, causa del 66% del riscaldamento globale. Nel 2020, a seguito delle restrizioni dovute alla pandemia, le emissioni di CO2 sono calate del 5% circa rispetto al 2019 – ma molti miliardi di tonnellate di CO2 sono stati comunque rilasciati nell’atmosfera ogni giorno, a dimostrazione del fatto che il blocco provocato dal Covid non ha avuto alcun impatto positivo sulla riduzione dei gas serra nell’atmosfera. (Leggi anche: No, il coronavirus non ha fermato i cambiamenti climatici: le emissioni sono da record e continuano ad aumentare)
Circa la metà della CO2 proveniente dalle attività umane rimane nell’atmosfera terrestre, mentre l’altra metà finisce assorbita dagli oceani o dalla vegetazione. Ma la WMO avverte: il riscaldamento globale sta danneggiando la capacità dell’ambiente naturale di assorbire le emissioni. La foresta amazzonica, per esempio, non è più in grado di assorbire CO2 a causa del depauperamento dell’ecosistema dovuto a incendi e deforestazione. (Leggi anche: L’Amazzonia non è più in grado di assorbire CO2 dall’atmosfera)
Oltre al diossido di carbonio, anche il metano rappresenta un pericolo per la nostra atmosfera: esso è responsabile per il 16% dell’aumento delle temperature globali (i livelli di metano nell’atmosfera terrestre sono più che raddoppiati rispetto al 1750), e la maggior parte delle emissioni sono provocate dall’allevamento del bestiame e dalla produzione di combustibili fossili. Si tratta di un gas serra molto potente e dalla vita relativamente breve – quindi tagliare le emissioni di questo gas avrebbe un rapido impatto positivo sulla salute dell’atmosfera.
Tra i gas serra più comuni e dannosi si annovera infine l’ossido di diazoto, responsabile per il 7% del riscaldamento globale: queste emissioni derivano perlopiù da un uso eccessivo delle sostanze chimiche nell’agricoltura e nell’allevamento.
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Fonte: World Metereological Organisation
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