Un nuovo studio ha scoperto che i livelli più alti di mercurio nel tonno rosso sono quelli che si registrano nel Mar Mediterraneo
Quanto mercurio contiene il tonno? Sulla questione il dibattito è ancora aperto e sembra esserci anche una certa differenza se si considerano le diverse zone di provenienza del pesce. Un nuovo studio ha scoperto che le più alte concentrazioni di mercurio presenti nel tonno rosso si registrano proprio nel “nostro” Mar Mediterraneo.
Alcuni ricercatori dell’Istituto di Oceanografia dell’università di Taiwan e di diversi atenei internazionali hanno pubblicato uno studio su Pnas che apre nuovi scenari sulla situazione dell’inquinamento da mercurio nei mari di tutto il mondo.
La ricerca ha studiato i tassi di bioaccumulo di questo metallo, presenti in 3 specie di tonno rosso che popolano Oceano Pacifico settentrionale, Oceano Indiano, Atlantico settentrionale e mar Mediterraneo. Come è noto, il tonno rosso che è molto richiesto a livello commerciale, proprio come altre tipologie di pesci di grossa taglia, tende ad accumulare mercurio nei tessuti muscolari, sotto forma di metilmercurio.
Questo nuovo studio è molto importante perché cerca di chiarire quali sono le differenze nelle diverse aree del pianeta. Fino ad ora, infatti, non era chiaro come variava il bioaccumulo di mercurio tra le popolazioni di tonno rosso distribuite a livello globale. Gli autori hanno scoperto delle differenze sostanziali.
I livelli più alti di mercurio nel tonno rosso si trovano nel mar Mediterraneo, seguito dall’Oceano Pacifico settentrionale, l’Oceano Indiano e l’Atlantico settentrionale.
Nei tonni del Mediterraneo si registrano da due a quattro volte i livelli di mercurio che si riscontrano negli stessi pesci del Nord Pacifico e dell’Oceano Indiano. Si tratta di livelli che arrivano ad essere otto volte maggiori se si considerano invece quelli trovati nei tonni del Nord Atlantico.
Quantitativi di metilmercurio che in alcuni casi sono anche oltre i limiti di legge. Come ha spiegato, commentando la ricerca, la professoressa Maria Berica Rasotto dell’università di Padova, esperta di organismi marini:
Le concentrazioni in alcuni casi superano i limiti di legge: nel caso di specie come tonni e pesce spada, per la commercializzazione, oggi la dose massima legale di mercurio è di 1mg per chilogrammo. Ma si ritrovano valori che superano queste dosi. Vi sono due ragioni per spiegare la presenza di mercurio nell’acqua: una di origine geologica, da vulcanesimo o da rocce che contengono mercurio, e una di origine antropica. Il bacino del Mediterraneo ha una forte componente di tipo geologico. C’è anche una componente antropica, che in questi anni sta diminuendo anche nel Mediterraneo come nel Nord Atlantico, ma che comunque ancora considera, per esempio, lo scorretto smaltimento di rifiuti che liberano mercurio nell’acqua. Il vero problema del Mediterraneo è che è un bacino chiuso: quando si va a fare un bilancio, si vede che tanto mercurio arriva e tanto ne viene smaltito, ma essendo un bacino molto piccolo e con un basso ricambio, sostanzialmente rimane un catino con alte concentrazioni, anche da provenienza geologica, e questo impatta sugli organismi che lo abitano.
Ma come si spiega questa differenza così grande con le altre zone del mondo?
Sia le coste europee del nord che quelle nord americane stanno ricevendo sempre meno apporto di mercurio, anche per l’effetto di precise normative rispetto agli scarti industriali. Si rileva dunque un netto miglioramento in quelle acque.
La docente dell’università di Padova ha spiegato anche altri dettagli interessanti che sono emersi dallo studio:
I ricercatori hanno analizzato personalmente i dati dei tonni dell’Oceano Pacifico e di quello Indiano, ottenendo da altri ricercatori quelli relativi al Nord Atlantico e al Mediterraneo: utilizzando i dati grezzi hanno potuto fare analisi e confronti. Tre sono i punti principali emersi. Il primo: individui di maggior dimensioni, e quindi più vecchi, hanno concentrazioni superiori di mercurio nelle carni, un risultato che potrebbe sembrare ovvio, ma non è così perché si potrebbe anche pensare che una volta assunto il mercurio l’organismo poi riesca a eliminarlo completamente. Invece, si va ad accumulo. Secondo dato importante: la concentrazione del mercurio riscontrato nei tonni correla perfettamente con quella presente nelle acque popolate da questi animali: a maggior concentrazioni di mercurio nel Mediterraneo corrisponde una maggior concentrazione di mercurio nei tonni di quel mare. Infine, sono state analizzate le concentrazioni nel plancton, nel fitoplancton e nello zooplancton, cioè gli elementi biologici alla base della rete trofica, ed è stata trovata una precisa correlazione con il livello di mercurio nell’acqua.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonti: Pnas / Università di Padova
Leggi anche:
- C’è davvero mercurio nel tonno in scatola? Cosa dice la scienza
- Attenti al tonno fresco, può contenere nitriti e nitrati. Aumentano le intossicazioni in tutta Italia
- 6 buoni motivi per scegliere di non mangiare tonno
- Gli effetti collaterali più pericolosi a cui dovresti pensare prima di aprire una scatoletta di tonno
- Tonno in scatola e pesce confezionato: ancora troppo sale e poca trasparenza sulle condizioni di pesca
- Tonno in scatola: occhio a olio e specie. Le marche promosse e bocciate da Altroconsumo