Oggi è la Giornata Mondiale dell'Alimentazione Fao. La situazione è critica e peggiorata a causa di conflitti, cambiamenti climatici e covid
La FAO vuole raggiungere la “Fame zero” entro il 2030 e proprio questo importante obiettivo ci ricorda oggi la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. La sfida, però, sembra essere più difficile del previsto a causa delle tre C: conflitti armati, cambiamenti climatici e covid.
La Giornata Mondiale dell’Alimentazione è stata istituita dalla FAO nel 1981, scegliendo come data l’anniversario della propria fondazione (16 ottobre 1945).
Sembra impossibile considerando tutti i mezzi che abbiamo, ma ancora oggi oltre 3 miliardi di persone (circa il 40% della popolazione mondiale) non possono permettersi un’alimentazione sana.
Dall’altra parte, ci sono quasi 2 miliardi di persone in sovrappeso o obese a causa di un’alimentazione eccessiva, scorretta e unita ad una vita sedentaria. Una disparità e un paradosso assolutamente inaccettabile.
Tutti devono avere accesso al cibo e ognuno di noi ha il dovere di fare qualcosa nel proprio piccolo per contribuire a far diventare la fame nel mondo solo un brutto ricordo (in primis evitiamo gli sprechi alimentari).
Purtroppo però, l’obiettivo della Fao “Fame Zero” entro il 2030 sembra sempre più difficile da raggiungere.
A fare il punto della situazione è il Cesvi con il suo Indice Globale della Fame che nel 2021 è giunto alla sedicesima edizione.
Il report punta l’attenzione su 3 problemi globali sui quali si deve intervenire prontamente. Si tratta di conflitti armati, cambiamenti climatici e pandemia, le cui conseguenze rischiano di vanificare quanto fatto fino ad oggi per contrastare la fame.
L’indice evidenzia infatti che dopo anni in cui si stava riuscendo ad abbassare, sia pur lentamente, la percentuale di popolazione denutrita, nel 2020 questa è tornata a salire. Le stime parlano di 155 milioni di persone in stato di insicurezza alimentare acuta (20 milioni in più rispetto al 2019!).
L’analisi ha considerato la situazione di 116 Paesi in cui il punteggio Global Hunger Index (GHI) è stato calcolato in base all’analisi di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni.
Sono in particolare 47 i Paesi in cui la fame resta un problema serio e che diventa sempre più difficile da arginare entro il 2030. Si tratta soprattutto di regioni dell’Africa subsahariana e dell’Asia meridionale.
Tra i Paesi fanalino di coda del GHI, la Somalia, registra un livello di fame estremamente allarmante (50,8 punti), seguita da nove Paesi con un livello allarmante: Ciad, Madagascar, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Burundi, Comore, Siria e Sud Sudan – segnala il Cesvi.
Come dicevamo, sono in particolare, le tre C ad aver peggiorato una situazione già critica. I conflitti armati sono ancora oggi la principale causa della fame e nel 2020 erano ben 169 quelli attivi. L’impatto della guerra sui sistemi alimentari è molto pesante e costituisce una sorta di circolo vizioso: i conflitti influiscono negativamente su ogni aspetto del sistema alimentare, dalla produzione al consumo, e l’insicurezza alimentare a sua volta può inasprire i conflitti violenti.
Per quanto riguarda la pandemia, sono state soprattutto le ripercussioni economiche ad aver alimentato l’insicurezza alimentare. Scrive il Cesvi che, secondo la FAO, per effetto della pandemia nel 2030 le persone denutrite saranno 657 milioni, circa 30 milioni in più. Altro che obiettivo zero insomma!
Come ha dichiarato il Presidente Fondazione Cesvi, Gloria Zavatta:
La lotta alla fame è pericolosamente fuori strada. È urgente spezzare il circolo vizioso con cui fame e conflitto si alimentano l’un l’altro. Senza pace difficilmente potremo eliminare la fame nel mondo. Senza sicurezza alimentare non potrà esserci pace duratura. Allo stesso modo è necessario intervenire sulle conseguenze drammatiche della pandemia e sugli effetti devastanti del cambiamento climatico. Senza perdere l’obiettivo sulle cause profonde, a cominciare da povertà, disuguaglianze e sistemi alimentari insostenibili.
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