Fusione nucleare magnetica: l'Eni ha annunciato lo straordinario risultato raggiunto col primo test per produrre energia come le stelle
Rivoluzione in campo energetico: il primo test di fusione a confinamento magnetico ha portato a risultati straordinari. Ad annunciarlo è l’Eni, spiegando che la Commonwealth Fusion Systems – di cui la società italiana è maggiore azionista – ha condotto il primo esperimento che aprirà la strada “all‘energia da fusione commerciale pulita per il mondo”.
“È stato così raggiunto un traguardo fondamentale nel percorso per la realizzazione di un reattore a fusione sperimentale molto più compatto, semplice ed efficiente in confronto a quelli che impiegano superconduttori a bassa temperatura più tradizionali” spiega l’Eni.
Il test è stato effettuato sul magnete superconduttore ad alta temperatura (High Temperature Superconducting) più potente al mondo ed è stato dimostrato che questo è capace di generare un campo magnetico di oltre 20 tesla sufficiente “per consentire al dispositivo compatto tokamak SPARC di ottenere energia netta dalla fusione”. E si tratta di un esito storico, mai raggiunto prima.
Questo magnete da record è il culmine degli ultimi tre anni di lavoro e offrirà al mondo un chiaro percorso verso l’energia da fusione per la prima volta – ha affermato Bob Mumgaard, CEO di Commonwealth Fusion Systems – Il mondo ha bisogno di una tecnologia fondamentalmente nuova che supporterà gli sforzi per decarbonizzare e mitigherà i cambiamenti climatici. L’esperimento del nostro magnete dimostra che abbiamo quella tecnologia e siamo sulla buona strada per produrre energia pulita e illimitata per il mondo intero”.
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Come chiarito dall’Eni, la tecnologia dei superconduttori è essenziale per ottenere campi magnetici di intensità sufficiente per mantenere il plasma all’interno del reattore. Per essere più precisi, si tratta di un magnete costituito da superconduttori ad alta temperatura ReBCO (ossidi di Terre Rare, Bario e Rame) del peso di circa 10 tonnellate che, portato a -253 °C (20 gradi al di sopra dello zero assoluto) e percorso da corrente elettrica con intensità di 40.000 Ampere, ha prodotto un campo con densità di flusso magnetico pari a 20 Tesla.
Adesso il Commonwealth Fusion Systems è pronto a realizzare un prototipo di reattore che dovrebbe essere disponibile nel 2025: si chiamerà SPARC e sarà in grado di gestire e confinare il plasma, ovvero la miscela di deuterio e trizio portata a temperature altissime da fasci di onde elettromagnetiche per creare le condizioni di fusione controllata.
Cos’è la fusione a confinamento magnetico e come funziona
Ma come funziona quest’innovazione energetica? In poche parole la fusione di due nuclei d’idrogeno libera un’enorme quantità di energia ed è la reazione fisica, totalmente naturale, che alimenta il Sole e le altre stelle. Il vantaggio principale è che non emette gas a effetto serra né sostanze fortemente inquinanti o altamente radioattive. Per questo è considerata una fonte energetica estremamente interessante. Tuttavia, presente uno svantaggio: è infatti molto difficile da replicare artificialmente sulla Terra in quanto richiede l’utilizzo di plasma a temperature elevatissime. Per arrivare a riprodurla e renderla utilizzabile si sta studiando la tecnologia del confinamento magnetico che impiega campi magnetici potentissimi per gestire il plasma in cui avviene la fusione.
L’idrogeno nel plasma viene utilizzato sotto forma di due suoi isotopi e cioè il deuterio e il trizio, i cui nuclei, oltre a un protone, possiedono rispettivamente uno e due neutroni” – spiega l’Eni – Il sole invece usa il prozio, l’isotopo di idrogeno di gran lunga più abbondante nell’Universo (99,98%), totalmente privo di neutroni. Qualunque sia la forma di partenza, fondendo tra loro due nuclei di idrogeno si ottiene energia, neutroni ed elio, un gas nobile totalmente innocuo.
In sostanza la fusione a confinamento magnetico rappresenta una fonte energetica potenzialmente illimitata e a basso impatto ambientale. Si tratta di una tecnologia che non va confusa con la fissione nucleare, a cui si ricorre negli impianti atomici attualmente in funzione in Francia, Germania, Stati Uniti, Russia, Cina e in altri Paesi.
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Fonte: ENI/Commonwealth Fusion Systems
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