La (terribile) e spinosa questione del taglio della coda alle pecore: è davvero necessario?

In alcuni allevamenti di pecore è ancora frequente la dolorosa pratica del taglio della coda per evitare problemi igienico sanitari

Tra le tante pratiche crudeli che subiscono gli animali negli allevamenti c’è anche il taglio della coda che riguarda in particolare le pecore. Ma questa pratica è davvero necessaria?

Dietro alla produzione del latte di pecora, utile a realizzare diversi tipi di formaggio, tra cui pecorino e feta, si nasconde in alcuni casi una pratica che consiste nel taglio della coda degli ovini. Questa si effettua generalmente utilizzando un anello di gomma, ovvero un dispositivo elastico di forma circolare che viene posizionato a circa 2-3 cm dalla radice della coda degli animali e che crea una compressione ematica che genera ipossia e necrosi di parte della coda.

In parole povere, questo anello viene legato così stretto intorno all’estremità inferiore della coda delle pecore che la parte rimanente cade dopo circa due settimane.

Una pratica molto dolorosa per gli animali, come sottolinea anche un documento dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”: 

Questa procedura, per quanto di effettiva utilità al fine di prevenire le miasi, viene spesso effettuata senza tenere conto delle ripercussioni sul benessere animale. Il dolore percepito dagli ovini varia in relazione al tipo di intervento messo in atto.

Esistono infatti diverse tecniche per effettuare il taglio della coda:

L’applicazione di un anello di gomma è la pratica più utilizzata, per quanto possa avere importanti ripercussioni sul benessere. L’impiego della tenaglia di Burdizzo è risultato meno doloroso rispetto all’impiego del solo anello di gomma. Anche se economicamente poco conveniente, l’anestesia locale sarebbe sempre consigliabile, particolarmente nei soggetti di età superiore ad una settimana. Il taglio della coda, comunque, non andrebbe mai effettuato durante le prime 24 ore di vita, per evitare ripercussioni sull’assunzione del colostro.

Perché la coda viene tagliata?

Le giustificazioni principali che portano gli allevatori convinti dell’utilità di tale procedura sono principalmente due. La prima è di carattere igienico sanitario: code lunghe e sporche a contatto con la zona anale possono creare problemi, in particolare un’infestazione da larve di mosca e parassitosi.

Questo è un fatto ben noto agli allevamenti di pecore merinos con le quali si producono grandi quantità di lana mentre le pecore da latte sono solitamente meno colpite dal problema (ma in alcuni allevamenti la pratica del taglio della coda si effettua ugualmente).

La seconda ragione, sempre a detta degli allevatori, è facilitare la mungitura e l’igiene durante la procedura utile ad ottenere il latte.

Il taglio della coda è ufficialmente vietato in agricoltura biologica, ma poi è stato nuovamente consentito con un’esenzione e, secondo le informazioni riportate nei questionari che la rivista Oko-test ha somministrato ai principali produttori di feta e pecorino, è pratica comune anche negli allevamenti di quattro marchi biologici e tre marchi convenzionali coinvolti nel test tedesco.

Ma è davvero necessaria tale pratica?

In realtà, un ambiente e un’alimentazione adeguata alle specie potrebbero da sole risolvere il problema delle mosche e delle parassitosi. E ciò è testimoniato anche dalla maggior parte delle aziende del test tedesco che hanno già scelto di abbandonare questa dolorosa procedura.

Anche l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” ritiene che:

L’utilizzo di strategie alternative per il controllo delle miasi dovrebbe essere applicato sistematicamente per limitare l’impiego di questa procedura allevatoriale ai soli casi di effettiva necessità.

Come sottolineano gli esperti di VESA, il portale per la Veterinaria e la Sicurezza Alimentare della Regione Marche:

In ambito Europeo, in Gran Bretagna, ad esempio, le linee guida del benessere ovino consentono la procedura solo in caso di reale bisogno (rischio di miasi, deposizione delle uova di ditteri parassiti con conseguente sviluppo larvale, spesso appartenenti alla famiglia delle Calliphoridae) effettuata esclusivamente da personale formato e con impiego di anestetici in soggetti di età superiore a 7 giorni.

E in Italia? Ancora non c’è nulla di simile:

In attesa che anche l’Italia si doti di riferimenti normativi precisi che ne regolino strettamente la pratica, magari valutandone rischi e diffusione tramite il sistema Classyfarm, la caudectomia, qualora considerata inderogabile, dovrebbe comunque essere effettuata da personale formato e sotto il controllo del Medico Veterinario, considerandone la reale necessità e valutando metodi alternativi per il controllo delle miasi.

Fonti:   Vet Journal / Veterinaria e Sicurezza Alimentare Marche

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