Il J&J prevede solo una somministrazione ed è un vaccino a vettore virale. Anche in questo caso ci state alcuni eventi trombotici.
Il Johnson & Johnson prevede solo una somministrazione e (come l’AstraZeneca) è un vaccino a vettore virale. Anche per il J&J ci sono state alcune segnalazioni di eventi trombotici. Ma come funziona il vaccino monodose in Italia? E quali sono i dati sulle trombosi rare?
Molte persone recentemente vaccinate con i vaccini a vettore virale (Vaxzevria della ditta Astra Zeneca e Janssen della Johnson & Johnson) hanno segnalato eventi trombotici “in sedi atipiche”, ossia trombosi dei seni venosi cerebrali o del distretto splancnico, associati a casi di piastrinopenia e con decorsi clinici di particolare gravità. Che cosa accade? E quali sono i numeri reali?
Non è un caso, in effetti, che le Autorità competenti (la Pharmacovigilance Risk Assessment Committee- PRAC dell’European Medicines Agency e l’Agenzia Italiana del Farmaco) abbiano intensificato le attività di farmacovigilanza.
E siano, pare, arrivati a un dunque: dallo scorso 11 giugno il vaccino AstraZeneca viene somministrato solo a persone sopra i 60 anni, mentre per il vaccino monodose J&J è stato deciso di lasciare le indicazioni invariate e, cioè, di riservarlo in via preferenziale, a livello di “raccomandazione”, ai maggiori di 60 anni.
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Ma come la mettiamo con i casi di trombosi?
Nella circolare dell’AIFA che chiarisce “Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19 con Vaxzevria (ChAdOx1
nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26. COV2.S, Johnson & Johnson)“, si legge:
[…] lo stato attuale delle conoscenze (che fanno propendere per un rischio associato all’adenovirus), il numero di poco superiore al milione di dosi a oggi somministrate nel Paese e la rarità, anche in ambito Europeo, delle segnalazioni di VITT (vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia, le “trombosi associate a trombocitopenia”, ndr) a oggi disponibili, non permettono di trarre valutazioni conclusive rispetto al rapporto beneficio/rischio relativo al vaccino Janssen, connotato dal vantaggio della singola somministrazione, peculiarità che può risultare di particolare beneficio in determinate categorie di popolazione.
Quel che pare certo, insomma, è che esistano casi di trombosi associata a trombocitopenia anche per il vaccino Johnson & Johnson, rischio molto probabilmente associato all’adenovirus, il virus reso innocuo usato dai vaccini AstraZeneca e Janssen appunto per portare nelle cellule umane il Dna che contiene le istruzioni necessarie a produrre la proteina Spike. Questa stimola a sua volta la risposta del sistema immunitario. Cosa accade? Sembra che in qualche modo alcune parti di quella proteina si dividano nel nucleo delle cellule, creando delle versioni mutanti che verrebbero espulse dalle cellule e, libere di circolare, causerebbero, solo in rari casi, il fenomeno dei coaguli di sangue.
I numeri di trombosi rare in seguito alla vaccinazione con J&J, quindi, sono più bassi dell’incidenza calcolata come probabile di 1 caso ogni 100mila: in Italia, che ha somministrato circa 1.143.620 monodosi di Janssen, non ci sono stati casi di trombosi VITT.
Secondo un articolo sul New England Journal of Medicine, in Europa all’Agenzia europea per i medicinali sono stati segnalati 6 possibili casi di trombosi del seno venoso cerebrale (con o senza trombosi della vena splancnica) tra gli oltre 7 milioni di destinatari del vaccino Janssen.
Un rapporto dell’8 giugno dell’American College of Cardiology (ACC) ha rilevato che la trombosi venosa cerebrale si è verificata in 3,6 per milione di persone dopo il vaccino AstraZeneca e in 0,9 per milione di persone dopo il vaccino Johnson & Johnson. In Usa il sistema di sorveglianza Morbidity and mortality weekly report, si legge sempre nella circolare, alla data del 30 aprile 2021, riporta 17 casi di trombosi in sedi atipiche associate a trombocitopenia con il vaccino Johnson & Johnson su 7,98 milioni di dosi di questo vaccino somministrate in Nord-America.
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Fonte: AIFA
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