I batteri hanno riportato lo splendore sulle opere di Michelangelo della Cappella dei Medici nella basilica di San Lorenzo a Firenze
Nel silenzio del lockdown i batteri hanno riportato lo splendore sulle opere di Michelangelo: un team di ricercatori di ENEA e CNR, in collaborazione con il Museo delle Cappelle Medicee, ha restaurato le splendide opere della basilica di San Lorenzo a Firenze grazie all’utilizzo di microorganismi opportunamente selezionati e “addestrati” a mangiare sporcizia.
È stato tutto top secret fino ad opera compiuta, anche se i lavori sono iniziati nell’autunno del 2020 quando la Cappella era più disponibile per l’intervento degli scienziati a causa degli orari ridotti imposti dalla pandemia di Covid-19. Un lavoro che il mondo chiedeva da tempo.
Come riporta il New York Times, infatti, già nel 1595 furono descritte le prime macchie e i primi segni di scolorimento nei resoconti di un sarcofago nella graziosa cappella che Michelangelo creò come ultima dimora dei Medici. Nei secoli successivi, gli stucchi usati per copiare incessantemente i capolavori che scolpiva sopra le tombe lasciavano residui scoloriti. Le sue pareti bianche ornate, infine, si oscurarono.
Quasi un decennio di restauri hanno poi rimosso la maggior parte delle imperfezioni, ma la sporcizia sulla tomba e altre macchie ostinate hanno richiesto un’attenzione speciale. Nei mesi che hanno preceduto l’epidemia di Covid-19 in Italia e poi in alcuni dei giorni più bui della sua seconda ondata, mentre il virus infuriava fuori, restauratori e scienziati hanno “scatenato” sui marmi microbi con enorme fame di sporco.
In particolare è stato usato il batterio noto come Serratia ficaria SH7 particolarmente affamato di macchie che per secoli hanno tolto splendore ai capolavori di Michelangelo, ora splendenti come probabilmente erano appena terminati. I microorganismi sono stati selezionati tra quasi 1.000 ceppi, solitamente utilizzati per scomporre il petrolio riversato accidentalmente negli ambienti o per ridurre la tossicità di metalli pesanti (tutti non tossici).
La possibilità di usare batteri non è nuova, nota come ‘Biopulitura’ ed era già stata applicata in passato, ma questo successo è particolarmente speciale vista l’importanza dell’opera e la sua grandezza (in tutti i sensi).
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Indossando quindi camici bianchi, guanti blu e mascherine chirurgiche anti-Covid, i restauratori hanno sparso gel con i batteri SH7 dal suolo contaminato da metalli pesanti in un sito minerario in Sardegna sul sarcofago imbrattato di Lorenzo di Piero, Duca di Urbino, sepolto con il figlio assassinato Alessandro.
Ha mangiato tutta la notte riferisce Marina Vincenti, che ha collaborato alla ricerca.
Risultato? Torna lo splendore su alcuni dei capolavori dell’arte più splendenti (e giustamente famosi) al mondo.
Fonti di riferimento: New York Times
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