Lo straordinario capitale naturale dell’Italia è a rischio. Non c’è più tempo da perdere per salvare la biodiversità

Il ricco capitale naturale dell'Italia è a rischio e c'è ancora tanto da fare per raggiungere i target indicati dalle direttive comunitarie.

L’Italia è uno dei Paesi Europei con il più alto tasso di biodiversità del Vecchio Continente, soprattutto grazie alla notevole diversità climatica. Ma i nostri ecosistemi sono a rischio e c’è ancora tanto da fare per raggiungere i target indicati dalle strategie e dalle direttive comunitarie. È quanto emerge dal Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale, presentato oggi – in occasione della Giornata della biodiversità – nella splendida cornice dell’Orto Botanico di Roma. All’evento, moderato dalla conduttrice televisiva Sveva Sagramola, ha partecipato anche il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, in videoconferenza.

Negli ultimi 150 anni la popolazione della Terra è aumentata di  6-7 volte e l’impronta di biocapacità del Pianeta non è sufficiente. – ha spiegato Cingolani – Questo va a scapito dei concetti di circolarità e di ciclo della vita, che è alla base della biodiversità. Quando si parla di biodiversità si discute di un principio fondamentale dell’evoluzione: non c’è Recovery Plan o azione umana che possa ristabilire completamente la biodiversità. Noi siamo in una fase del progresso di Sapiens che deve mitigare dei danni che sono intrinseci al nostro progresso. Anche se da un lato siamo un po’ siamo condannati a progredire, dall’altro dobbiamo capire che il progresso lo stiamo facendo crescere a scapito delle altre creature biodiverse. Per cui non è una grande strategia rimanere solo noi ed eventualmente quelle specie vegetali e animali che amiamo mangiare. Ci siamo fatti la dispensa e il resto va a rotoli. Secondo me, questo è il vero grande problema della nostra gestione della biodiversità.”

Quali azioni può intraprendere, quindi, l’Italia pe tutela i suoi ecosistemi? Secondo il ministro del MiTE, le parole d’ordine sono mitigare e prevenire. 

“Il più grande aiuto che possiamo dare alla biodiversità è quello di adottare tutte le nostre conoscenze per prevenire tutti danni fatti negli ultimi decenni. – ha chiarito Cingolani – Per quanto riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non c’è una vera soluzione. Dobbiamo solo mitigare il riscaldamento climatico e la perdita della biodiversità. Mitigare vuol dire che abbiamo accettato che il problema c’è. Questa è l’urgenza primaria indifferibile del Recovery Plan. O lo facciamo adesso o non lo faremo più.” 

Ma cosa si intende con l’espressione “capitale naturale”? Il concetto fa riferimento “all’insieme degli organismi viventi e di aria, acqua, suolo e risorse geologiche che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati.”

I dati sullo stato del capitale naturale in Italia

Il Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, frutto del lavoro d’indagine svolto dal Comitato Capitale Naturale tra novembre 2020 e marzo 2021, ci restituisce un quadro poco rassicurante. 

Dagli inizi del 2021, rende noto il Rapporto, l’Italia ha una Lista Rossa degli ecosistemi che valuta il rischio degli ecosistemi cartografati a scala nazionale, si tratta di 85 tipologie di ecosistemi, così ripartite: 44 forestali, 8 arbustivi, 8 prativi, 7 erbacei radi o privi di vegetazione, 11 acquatici, 7 igrofili. Data l’elevata eterogeneità ambientale del Paese le valutazioni di rischio per ciascun ecosistema sono state effettuate all’interno di ambiti ecologici ben definiti, cinque province ecoregionali (Alpina, Padana, Appenninica, Tirrenica e Adriatica).

Secondo la Lista Rossa degli Ecosistemi, gli ecosistemi a elevato rischio sono ben 29. Gli ecosistemi in pericolo critico coprono solo lo 0,3% e quelli in pericolo rappresentano il 3% del territorio nazionale. Gli ecosistemi vulnerabili coprono il 16% della superficie e un ulteriore 20% ospita ecosistemi vicini al pericolo che potrebbero presto diventare a rischio.

In termini ecoregionali, le Ecoregioni Padana e Adriatica presentano una situazione critica, dato che tutti gli ecosistemi sono a rischio. – si legge nel report – Nell’Ecoregione Padana solo l’8% ospita ecosistemi naturali e seminaturali. Anche i 13 ecosistemi dell’Ecoregione Adriatica sono a rischio con 2 in condizioni critiche, 5 in pericolo e 6 vulnerabili.

Lo stato delle foreste italiane

Una buona notizia è quella relativa alle foreste italiane. Infatti, nell’arco di poco più di mezzo secolo l’ampiezza delle foreste nel nostro Paese è raddoppiata, raggiungendo la superficie di circa 12 milioni di ettari pari quasi al 40% del territorio nazionale. L’ammontare complessivo di anidride carbonica immagazzinata negli ecosistemi forestali italiani è pari a 4,5 miliardi di tonnellate. E, per effetto dell’accrescimento degli alberi , vengono fissati annualmente 46,2 Mt di anidride carbonica dall’atmosfera, ovvero il 12% di tutte le emissioni italiane. Gli ecosistemi forestali italiani rientrano tra i boschi con più elevata biodiversità in Europa.

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@MiTE

Lo stato dell’avifauna in Italia

Il rapporto si concentra anche sullo stato dell’avifauna italiana, che sta affrontando un periodo di crisi, provocata principalmente dalla perdita dall’habitat e dell’uso massiccio dei pesticidi. Il 63% delle specie di uccelli nidificanti in Italia risulta in cattivo o inadeguato stato di conservazione, mentre la recente Lista Rossa nazionale classifica 72 specie (ossia il 25.9% delle specie valutate) a rischio di estinzione, di cui 10 in pericolo critico, 39 in pericolo e 23 vulnerabili. Ma la nuova strategia dell’Ue sulla biodiversità per il 2030 richiede agli Stati membri di attivarsi per migliorare significativamente lo stato di conservazione delle specie protette dalla Direttiva Uccelli e dei loro habitat. Ci auguriamo quindi che vengano messe in atto strategie concrete per tutelare gli uccelli che vivono nel nostro Paese. 

capitale naturale avifauna

@MiTE

Non c’è più tempo da perdere

La fotografia fornita dal Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale sottolinea la necessità di preservare e ripristinare il capitale naturale per garantire una ripresa duratura, riconosciuta dall’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile e dal Green Deal europeo.

Per il raggiungimento dei target strategici nazionali ed europei – chiarisce il Rapporto – è urgente e inderogabile la definizione di azioni più incisive, integrate, valutabili ed efficaci per invertire la rotta nel prossimo decennio come indica la nuova Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030.

Insomma non c’è più tempo da perdere per tutelare la biodiversità del nostro Paese e non possiamo soltanto limitarci a combattere l’inquinamento. 

Non basta solo disinquinare, ma occorre anche restaurare, ricreare l’habitat. – fa notare Roberto Danovaro, membro del Comitato per il Capitale Naturale – I tempi naturali di recupero dell’ambiente possono essere di centinaia di anni (come per una foresta abbattuta o incendiata) e grazie al restauro attivo dobbiamo accelerarlo a pochi anni. Questo ci dice il Piano di ripresa e resilienza: dobbiamo accelerare, a partire dagli ambienti più degradati”

Fonte: Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale/MiTE

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