Anche le piante brutte sono vittime del pregiudizio: i fiori più colorati sono quelli più studiati dagli scienziati

Secondo un recente studio, il bel colore e l'aspetto esteriore dei fiori ha determinato la scelta dei botanici su quali piante studiare.

Quanto conta essere «belli di natura» anche per i fiori? Un nuovo studio ha dimostrato che gli scienziati selezionano per le loro ricerche le specie floreali più colorate, esteticamente gradevoli e carismatiche, trascurando quelle meno piacevoli alla vista, seppur bisognose di maggior attenzione perché a rischio o particolarmente minacciate.   

L’articolo scientifico pubblicato lo scorso 10 maggio sulla rivista Nature Plants ha esaminato 280 paper accademici pubblicati tra il 1975 e il 2020, da cui sarebbe emerso che proprio l’aspetto estetico, in particolare il colore dei fiori, avrebbe fortemente influenzato i ricercatori nella selezione delle piante da sottoporre a osservazione e studio.

L’analisi si è concentrata sulla flora presente in Europa, nelle Alpi marittime italiane e francesi, un luogo dalla straordinaria biodiversità situato nelle Alpi sudoccidentali. 

Quel bel colore che fa la differenza 

Per quanto riguarda la variabile colore, i fiori blu sono maggiormente studiati; seguono quelli bianchi e rossi/rosa, sicuramente più di interesse rispetto ai fiori standard, con colorazione marrone o verde, che si mimetizzano con l’ambiente circostante.

Oltre al colore, un altro parametro considerato è lo stelo della pianta: la visibilità del fusto della pianta incide sulla scelta dei fiori, preferendoli a quelli che crescono su piante il cui stelo sia corto. La dimensione del fiore può talvolta entrare in gioco come fattore preferenziale, ma non è così determinante nella selezione operata dagli esperti di botanica.

begonie tuberose

@Dorothy Chiron/Shutterstock

I fiori “dimenticati”

I risultati di questa ricerca sono strabilianti: la rarità delle specie floreali e l’interesse scientifico per le specie locali o per le specie incluse nella tassonomia dell’IUCN sono meno rilevanti rispetto al mero aspetto esteriore delle piante. La causa primaria di questo comportamento potrebbe derivare dall’istinto ancestrale dell’essere umano di far ricadere lo sguardo sulle piante più colorate rispetto all’uniforme sfondo verde dell’ambiente circostante allo scopo di coglierne i frutti.

Qualunque sia la reale origine del fenomeno, questa tendenza al puro e semplice apprezzamento estetico non contribuisce, anzi, sembra frenare gli sforzi verso la conservazione della diversità ecosistemica, poiché priva la comunità scientifica di una visione completa ed esaustiva dell’ecologia e dell’evoluzione delle piante negli habitat del nostro pianeta.

Inoltre, il crescente fenomeno della “scienza dei cittadini”, una interessante forma di conoscenza promossa dal basso da ecocittadini non professionisti ma sensibili alla botanica e ai temi della conservazione ambientale, rischia tuttavia di aggravare il quadro, aumentando il livello di distorsione e pregiudizio.

Speriamo che gli esperti e i politici comincino a stanziare fondi e a finanziare studi anche sulle specie più “bruttine” o su rare specie selvatiche, sicuramente meno cosmopolite ma che richiedono interventi urgenti in materia di protezione, conservazione e valorizzazione.

Fonti: Nature Plants

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