Nelle foreste vetuste c’è il futuro della biodiversità, non perdiamole! #ForestDay

Tutelare i boschi vetusti per custodire la biodiversità. Se c'è una fonte preziosa di vita, quelle sono le foreste primarie e secolari.

Conoscere, conservare, tutelare i boschi vetusti per custodire la biodiversità. Se c’è una fonte preziosa di vita, quelle sono proprio le foreste primarie e secolari, ecosistemi ricchi di una molteplicità di forme di vita rare capaci di immagazzinare grandi quantità di carbonio, trattenendolo nel legno e nelle radici e contribuendo alla lotta ai cambiamenti climatici. La soluzione quindi? Sta in più boschi maturi ed ecosistemi forestali più complessi e in evoluzione naturale.

È questo l’appello che il WWF lancia in occasione dell’International Forest Day, la Giornata Internazionale dedicata alle foreste, sulla scia degli obiettivi dell’Unione europea di riconoscere il valore intrinseco delle foreste primarie e delle foreste vetuste e la necessità di proteggerle. Come primo passo l’UE si è posta l’obiettivo di definire, mappare, monitorare e proteggere rigorosamente tutte le foreste primarie e vetuste ancora esistenti in Europa.

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Non è da meno l’Unesco, che ha creato il “Sito diffuso” delle antiche foreste di faggio europee, un insieme di 78 tessere di faggete (superficie totale di oltre 90 mila ettari più 250 mila di aree cuscinetto) distribuite in 12 Paesi europei: una rete che abbraccia Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Germania, Italia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ucraina.

10 le foreste italiane inserite in questa rete di faggete: dai climi appenninici delle Foreste Casentinesi e del Parco nazionale d’Abruzzo fino al limite di distribuzione negli ambienti caldo-aridi mediterranei, come le faggete di bassa quota di Monte Raschio (Oriolo Romano) e sul Gargano. 

Foreste primarie e foreste vetuste

Di origine antica, estranee alle pratiche agricole e principalmente collocate in ambiente montano, su terreni non produttivi, le foreste vetuste (old-growth forests) sono quelle in cui da un lungo periodo di tempo i processi dinamici in atto non sono stati influenzati dall’uomo, compreso il prelievo del legno vivo o morto. I boschi vetusti sono molto rari in Italia e di estensioni molto limitate. La loro salvaguardia è considerata indispensabile.

Nel bosco vetusto c’è abbondante presenza di legno morto, fondamentale perché luogo di vita per centinaia di specie animali e vegetali. Dai funghi saproxilici, che contribuiscono al processo di decomposizione del legno, ai coleotteri le cui larve si cibano di legno morto, a specie di piante vascolari che se ne avvantaggiano per la germinazione, agli uccelli che ne sfruttano le cavità per deporre le uova.

Gli alberi monumentali

Il WWF ha avviato il censimento degli alberi monumentali all’interno delle proprie Oasi: dall’uliveto secolare di Torre Guaceto (BR) alla quercia monumentale all’interno del Cratere degli Astroni a Napoli, dalla sughera di 400 anni nell’Oasi di Burano in Toscana ai “Tre frati”, faggi secolari dell’Oasi molisana di Guardiaregia Campochiaro, sono decine i patriarchi della natura censiti: tanti “pezzi” di una straordinaria storia vegetale di quei luoghi ma anche elementi di attrazione per visitatori e appassionati.

Grande quercia

©WWF

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Con la campagna ReNature il WWF vuole restaurare e “riconnettere” almeno il 15% di territorio italiano, concentrandosi sugli ecosistemi con un elevato potenziale di stoccaggio del carbonio (foreste per il clima) e su quelli che contribuiscono alla mitigazione delle inondazioni e alla prevenzione degli incendi e del dissesto idrogeologico, come foreste, zone umide, fiumi e aree costiere.

infografica foreste

©WWF

Un esempio è il progetto “L’ultima #foresta incantata” avviato all’interno della Riserva Naturale e Oasi WWF di Policoro (MT) assieme alla Regione, all’Università della Basilicata e a Fondazione Con il Sud: per ridare vita al bosco pantano e far tornare la foresta costiera di Policoro ai suoi antichi splendori si attueranno interventi di rinaturalizzazione e di creazione di piccoli invasi per restituire all’habitat del bosco allagato l’acqua sottratta dall’uomo negli ultimi 30 anni.

Fonte: WWF 

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